Si intitola "L'Anticristo" il nuovo album dei Decibel, il secondo post-reunion, uscito il 16 febbraio. Un lavoro dal taglio fortemente rock, che contiene "Lettera dal Duca", che il gruppo ha presentato al Festival di Sanremo. "L'Anticristo è quel gruppo di eletti che decide le sorti del mondo - spiega Enrico Ruggeri a Tgcom24 - e che vuole tenere la gente a un livello basso. Anche nella musica. Vogliamo opporci a questo decadimento".
La loro reunion, avvenuta nel 2016, doveva essere un'amichevole rimpatriata, un tuffo nel passato con lo sguardo al presente, senza troppe aspettative. Anzi. L'intenzione iniziale di Ruggeri, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio era quella di ritrovarsi a suonare tra amici e basta. Poi è arrivato il disco "Noblesse Oblige". Quindi un pugno di date live che alla fine sono diventate quaranta. E i Decibel ci hanno preso gusto. Al punto che "L'Anticristo" potrebbe essere considerato il vero album del ritorno: compatto, ispirato, nelle sue tracce l'equilibrio di gruppo emerge in maniera chiara, con una scrittura che si stacca più del precedente dai territori ruggeriani per seguire soluzioni originali e, in alcuni casi, sorprendenti.
"Siamo tornati in studio dopo aver fatto 40 date, quindi caldissimi - spiega Ruggeri -. Durante l'estate arrivavano pezzi nuovi e quando siamo arrivati in studio con la band al completo, quindi noi tre più basso, batteria e chitarra in appoggio (Fortu Sacka, Alex Polifrone e Paolo Zanetti - ndr) ci siamo trovati a suonare come si faceva una volta in cantina. Quando è stato il momento abbiamo chiamato il produttore di sala Lorenzo Cazzaniga e le abbiamo registrate. Ma è stato fatto quasi tutto in presa diretta, pochissime sovraincisioni. E' tutto perfettamente riproducibile dal vivo".
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Le canzoni sono quindi nate jammando in studio?
Di base sono partiti Fulvio e Silvio dalle musiche, alle quali ho collaborato un po' anche io. E poi sono arrivati i testi che ho fatto io ma che sono il frutto di tutte le chiacchierate fatte in macchina durante l'estate. Quindi anche in questo caso, in un certo senso, potremmo definirlo un lavoro di gruppo. Mai come in questo caso c'è una band al lavoro. Addirittura negli arrangiamenti c'è il lavoro di tutti e sei, nemmeno di solo noi tre.
Chi è l'Anticristo del titolo dell'album?
Non è una persona, è più un protocollo comportamentale. Noi siamo convinti che da qualche parte ci siano delle persone che si riuniscono e che decidono chi sarà il presidente degli Stati Uniti, chi il cancelliere della Germania, dove sarà la prossima guerra e dove la prossima carestia. E che, naturalmente, decidono anche che è buona norma che la gente scenda di livello il più possibile. Nel mondo della musica questa cosa è evidente.
Un mondo musicale in crisi di vendite ma anche di contenuti?
In passato abbiamo visto musicisti fermare guerre. Pensa al Vietnam e a quanto sono stati influenti artisti come Bob Dylan o John Lennon, con le loro canzoni e con i loro gesti. Oggi, se leggi i testi delle canzoni nel mondo, raramente trovi qualcuno che dice delle cose importanti
E questo lo imputi a una generazione di artisti che non sono interessati all'impegno o a un interesse che viene dall'alto?
Non è un problema di casa discografiche se a loro che pensi. Alla fine John Lennon si impegnava contro la guerra ma vendeva milioni di dischi, per le case discografiche non era scomodo, anzi... No, la colpa è sempre di quei dieci che si trovano... C'è tutto un disegno globale, dalla televisione ai libri passando per le radio. Che tutto sia crollato è evidente.
Rispetto ai vostri lavori degli anni 80 sia "Noblesse Oblige" che "L'Anticristo" sembrano più collegarsi all'immaginario punk del primo che non alla new wave del secondo, considerando che sono passati 30 anni. Questo perché il rock e il punk sono invecchiati meglio della new wave?
Noi abbiamo cercato un terzo e un quarto album senza pensare ai primi due. E' vero che in questo album il suono è molto robusto, è di fatto un suono rock con le tastiere. Globalmente trovo che siano molto invecchiati gli anni 90, erano un po' tamarri.
Sono stati gli anni in cui hai pubblicato i tuoi dischi di maggior successo...
Sì, ma anche nei miei dischi ravvedo quei difetti. Ricordo tante cose che valutate oggi fanno sorridere, per essere buoni: i suoni belli, il chitarrista con il rack degli effetti alto un metro e mezzo, il look con il capello lungo dietro e corto davanti, i pantaloni a righe elasticizzati... Altro che tamarri! Se ascolti anche i miei dischi e ne prendi uno degli anni 80 e uno del decennio seguente, vedrai che è molto più attuale il primo.
In questo disco in molti testi hai fatto uso della lingua inglese. Come mai?
E' venuto spontaneo. Muovendosi nel rock, che è un territorio che per la lingua italia è sempre stato minato, ogni tanto ci siamo resi conto che alcune cose erano intraducibili. "Nickname Baby Jane" del ritornello di "Baby Jane" era insostituibile, lo stesso nel ritornello di "Lettera dal Duca". Ma non siamo certo i primi, è un trucco che hanno usato altri prima di noi, penso a Zucchero e Pino Daniele.
Adesso è il momento di tornare dal vivo...
Facciamo un po' di teatri e poi navighiamo a vista. Anche l'anno scorso siamo partiti con cinque o sei date e poi sono diventate quaranta. Contiamo almeno di eguagliare il primato.
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LE DATE DEL TOUR
13 aprile - Senigallia (An) - Teatro La Fenice
14 aprile - Torino - Teatro Colosseo
26 aprile - Pisa - Teatro Verdi
28 aprile – Sanremo (IM) – Casinò Roof
05 maggio - Vicenza - Teatro Comunale
15 maggio - Roma - Parco della Musica
20 maggio - Milano - Teatro Nazionale