A dicembre a Brescia è stata approvata la delibera comunale che prevede il diniego di autorizzazioni all'utilizzo di sale, spazi e aree pubbliche a organizzazioni e movimenti dichiaratamente neofascisti e razzisti. La decisione del Comune lombardo è stata confermata dal Tar che ha respinto il ricorso di CasaPound: il movimento di estrema destra riteneva che la delibera fosse lesiva della "libertà di opinione" e "espressione del pensiero".
Da Pavia a Milano, passando per Genova, Pisa, Bologna e Torino: sono sempre di più le città in cui vigono dispositivi per togliere spazi ai neofascisti.
Il provvedimento, adottato da palazzo Loggia e confermato dal Tar, è identico a quello che decine di Comuni hanno già approvato per arginare l'avanzata dei movimenti di estrema destra. Chi fa richiesta di spazi pubblici deve dichiarare la propria estraneità al "fascismo, razzismo, antisemitismo e omofobia" e firmare un documento con il quale "si riconosce nei principi antifascisti della Costituzione".
Dopo la delibera è arrivato il ricorso al Tar, poi respinto, di CasaPound. In provincia di Brescia, a Trenzano, c'è il primo e unico sindaco del movimento di estrema destra, Andrea Trenzano, già denunciato per un post "nostalgico" su Facebook della scorsa estate: "Il fascismo tornerà, mi sento fascista, Stato di m...".
Il Tar, però, ha bocciato in fase cautelare il ricorso giudicando "legittima" e "in linea con i principi democratici costituzionali" la decisione dell'amministrazione della città di Brescia, segnata nel profondo dalla strage nera di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 che costò la vita a 8 persone con 102 feriti.