A vederli così i due Joy-Con di Nintendo Switch sembrano formare un sistema di controllo banale. Non si sbaglierebbe più di tanto nel volerli etichettare come “prevedibili”, ma solo perché rappresentano il nuovo punto di arrivo di un’esperienza accumulata in trentacinque anni da Nintendo sulla materia.
Nessuno ha voluto e saputo innovare quanto la casa di Mario e Zelda, se si parla dei controller che stringiamo e che abbiamo stretto tra le mani. Una continua ricerca di innovazione, quasi sempre capace di espandere le potenzialità dei videogiochi e, al tempo stesso, di soddisfare le esigenze dei creativi stessi di Nintendo. Oltre che, ancora più importante, divenire velocemente lo standard di fatto dell’intera industria. Una corsa che oggi pare aver rallentato, ma le cose non stanno esattamente così.
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NINTENDO ENTERTAINMENT SYSTEM: LA CROCE DIREZIONALE Si parte nel 1983 con l’arrivo del Famicom in Giappone, negli anni successivi tramutatosi in Nintendo Entertainment System in occidente. Il sistema di controllo della console a 8 bit su cui debuttano buona parte dei nomi di maggior successo di Nintendo sembra, visto oggi, un dispositivo primitivo e limitato. Ed effettivamente lo è. Ma non lo era all’epoca, anzi.
Nintendo per prima intuisce la comodità e la versatilità di un controller da stringere completamente tra le mani, in cui i due set di input principali vengono offerti ad altrettanti pollici. Così se i micro computer dell’epoca si affidavano ai classicissimi joystick attorno a cui chiudere una mano, “il Nintendo” propone una croce direzionale per gli spostamenti e due pulsanti frontali posti sulla destra. La portata rivoluzionaria è tale che la stessa croce direzionale viene messa sotto brevetto e che la concorrenza e l’intero settore si adeguano senza batter ciglio. Sarà ancora questa la “matrice” che darà forma a qualsiasi altro controller nel mondo delle console per oltre dieci anni.
Una curiosità: la versione giapponese della console offre di base due controller e il secondo ospita un microfono che viene sfruttato in determinati giochi. Una soluzione abbandonata per il mercato di Nord America, Europa e Australia.
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SUPER NINTENDO: DUE NEW ENTRY Per il successore del NES si pensa a un potenziamento e a una leggera espansione del sistema di controllo, più che a un rinnovamento totale e radicale. Così come lo stesso hardware del Super Nintendo non rappresenta altro che il perfezionamento di quanto visto nello scatolotto grigio a 8 bit, anche il suo “joypad” (come venivano chiamati all’epoca) è una semplice evoluzione del predecessore.
Le differenze sono limitate, ma essenziali e, ancora una volta, faranno scuola. Si parte dall’ergonomia: scompaiono gli angoli vivi del controller del NES, a favore di un design più morbido e arrotondato. In questo caso non deve essere passato inosservato quanto fatto da Sega con il joypad del suo Mega Drive. La novità più interessante è comunque nella dotazione dei pulsanti: quattro frontali (contro i due del NES e i tre del Mega Drive) e soprattutto due dorsali, perfetti per gli indici. Ci avete già fatto caso? I quattro pulsanti frontali sono sopravvissuti fino a oggi: li troviamo nel Dual Shock 4 di Sony e nel controller di Xbox One, oltre che ovviamente nei Joy-Con di Switch. Anche i dorsali non se ne sono più andati, raddoppiati da Sony all’epoca della prima PlayStation.
Un’altra curiosità: la versione statunitense del controller del Super Nintendo proponeva due coppie di pulsanti frontali, come quella europea e quella giapponese, ma al contrario di queste ultime una coppia aveva i pulsanti concavi e l’altra coppia era invece convessa. Un modo veloce per far intuire al giocatore dove avesse posizionato il pollice senza abbassare lo sguardo.
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NINTENDO 64: IL FUTURO È ANALOGICO Nel 1996 arriva la tanto attesa e chiacchierata console a 64 bit di Nintendo, il Nintendo 64. Porta con sé una rivoluzione sotto ogni punto di vista per quanto riguarda il sistema di controllo. Quanto proposto dagli ingegneri di Kyoto è estremo, diverso, nuovo, mai visto prima. O meglio: mai visto a questo livello e mai tanto capace di imporsi, una volta di più, come standard nel settore.
Scompare il controller “piatto” con l’usuale croce direzionale e arriva quello che i fan più affezionati chiameranno “il tricorno”. Perché in effetti il sistema elaborato da Nintendo ha ben tre protuberanze, collegate ad altrettanti blocchi di input. Le impugnature allungate in questo modo si erano già viste con il controller di PlayStation un anno prima, anche qui è difficile che si tratti di una coincidenza.
Ma quello che ha in più il joypad tricornuto è uno stick analogico proprio al centro. La stragrande maggioranza dei giochi per Nintendo 64 si appoggerà proprio a lui, partendo da Super Mario 64. Il leggendario debutto in 3D dell’eroe-in-salopette è interamente costruito attorno al movimento analogico dello stick. Al variare dell’inclinazione viene modificata l’andatura del personaggio su schermo, che prima cammina con circospezione, poi trotterella e infine corre a perdifiato. Oggi sembra ben poca cosa, ma ai tempi era una vera primizia. Lo stick analogico è anche l’unico mezzo sensato per gestire in generale i movimenti in un mondo 3D.
Non finisce qui, perché i pulsanti frontali per l’occasione diventano sei, di cui quattro vanno potenzialmente a gestire gli spostamenti della telecamera: anche in questo caso un concetto totalmente inedito e poi, se vogliamo, ripreso dal secondo stick analogico. Ecco, a tal proposito va ricordato come PlayStation si accorgerà presto dell’efficacia delle idee di Nintendo, facendole sue nel primo controller con doppio stick analogico (chiamato Dual Analog, prima ancora del Dual Shock, è il 1997). Impossibile non citare anche il pulsante-grilletto Z posto sull’impugnatura centrale, che si muoverà in coppia con il sistema Z-Targeting di Zelda: Ocarina of Time, in tutto e per tutto il primo grande esempio di “aggancio” di un obiettivo nei videogiochi 3D.
Infine un’altra piccola, grande, novità introdotta dal controller del Nintendo 64: in uno dei due slot presenti sul retro può essere inserito quello che viene chiamato Rumble Pak. È il 1997 quando la piccola espansione viene presentata assieme a Star Fox 64 e porta la vibrazione nelle case e nelle mani di milioni di giocatori. Nel 1998 Sony renderà onore alla scelta di Nintendo proponendo il Dual Shock: doppio analogico, doppio solenoide per una vibrazione più soddisfacente.
La curiosità: lo scontro finale con Bowser in Super Mario 64 prevedeva che il giocatore acchiappasse il re dei Koopa per la coda, effettuando poi svariati giri completi dello stick analogico per farlo roteare e infine volare via. L’ennesimo esempio della sincronia totale tra i reparti hardware e software di Nintendo.
Tra una settimana la seconda parte di questo speciale approfondimento sull’evoluzione dei sistemi di controllo nella storia di Nintendo. Protagonisti: GameCube, Wii, Wii U e Switch!