L'appello

La lettera di Reginald Green: "Lasciate incontrare le famiglie di donatori e quelle dei riceventi di organi"

Il suo Nicholas, morto 23 anni fa, diede la vita a 7 persone. Dal 1999 una legge proibisce ai familiari di chi dona di sapere il nome di colui che ha beneficiato dell'enorme atto d'amore

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A più di 23 anni dalla sua scomparsa, torna a far parlare di sé Nicholas Green, il bambino morto in seguito a una sparatoria sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Il padre Reginald donò tutti i suoi organi "ridando" la vita e la speranza a 7 persone che poi conobbe. Oggi raccontare questa storia non sarebbe possibile: una legge del 1999 vieta al personale sanitario di divulgare le informazioni sulle parti coinvolte in un trapianto. E così in una lettera aperta, Reginald Green lancia un appello: "Lasciate incontrare le famiglie di donatori e riceventi di organi".

Nicholas Green perse la vita a 7 anni il 29 settembre 1994 quando, sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, dei banditi spararono sull'auto guidata dal padre confondendola con quella di un gioielliere nel tentativo di una rapina. Il piccolo morì dopo tre giorni di agonia all'ospedale di Messina e il padre decise di donare tutti i suoi organi e conobbe personalmente i beneficiari.

Oggi, in virtù della legge sulla privacy, l'incontro non è possibile. Ne sa qualcosa Mario Bartoli, 62enne livornese che nel 1998 perse un figlio di 17 anni e, da allora, ha chiesto invano allo Stato di poter dare un nome al petto in cui da allora batte il cuore di suo figlio. Negli ultimi giorni, l'uomo ha tappezzato il web di messaggi accorati per conoscere il nome di colui o colei che avesse ricevuto l'organo vitale del figlio. La verità, seppur triste, è arrivata: l'uomo che aveva in petto il cuore di Christian è deceduto poco tempo fa e Mario Bartoli non lo ha mai potuto incontrare.

Reginald Green, dopo aver letto gli appelli di Mario Bartoli, ha voluto scrivere ai giornali una lettera aperta per raccontare di quanto sia stato di conforto ai suoi anni poter seguire i percorsi di vita di chi aveva ricevuto gli organi del figlio.

"L'opinione pubblica si è divisa sulla decisione di Mario Bartoli di rendere pubblici i suoi sforzi di trovare la persona trapiantata con il cuore di suo figlio Christian - ha scritto Reginald -. Questo weekend, mia moglie Maggie ed io abbiamo ricevuto un'email che spero possa mettere d'accordo tutti gli Italiani. È arrivata da Maria Pia Gentile, la donna siciliana che in punto di morte, 23 anni fa, ricevette il fegato di mio figlio Nicholas di sette anni, che era stato colpito da un proiettile durante un tentativo di rapina lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Ci ha scritto per raccontarci la sua felicità per l'accettazione di suo figlio Nicholas, 20 anni, alla Scuola Allievi della Marina Militare di Taranto, il suo sogno sin da quando era bambino. Il fegato trapiantato di nostro figlio ha mantenuto Maria Pia in buona salute per tutti questi anni e, in una famiglia con una storia di malattie al fegato, questa buona salute è stata trasmessa così bene che il figlio ha soddisfatto i rigorosi requisiti sanitari necessari per una vita in Marina".

"Maria Pia si è tenuta in contatto con noi, sebbene viviamo in California. Il trapianto non solo le ha salvato la vita ma senza di questo suo figlio (e anche la figlia minore) non sarebbero mai nati. Per gratitudine, con suo marito Salvatore, decisero di chiamare il figlio Nicholas, scritto alla maniera americana".

"Abbiamo conosciuto Maria Pia e gli altri sei riceventi degli organi perché il nostro Nicholas venne ucciso prima della legge del 1999 che proibisce al personale sanitario di divulgare le informazioni sulle parti coinvolte in un trapianto. Da allora, le famiglie dei donatori e i loro riceventi in Italia non hanno la possibilità di incontrarsi, salvo che a seguito delle circostanze più insolite".

"Il signor Bartoli è diventato così disperato che ha agito da solo
- ha proseguito -. La situazione è straziante per tutti. Il calore delle comunicazioni della nostra famiglia con tutti i riceventi degli organi di nostro figlio mostra quanto questi problemi possano essere gestiti in modo migliore. Negli Stati Uniti, le due parti possono mettersi in contatto se entrambe lo vogliono e solo sotto la supervisione dei loro dottori. Le autorità sanitarie incoraggiano ovunque questi contatti in America e riferiscono che nella stragrande maggioranza delle migliaia e migliaia di casi che hanno gestito i risultati sono positivi per la salute e felicità di entrambe le famiglie".

"So che questo è vero per no
i - ha concluso  -. Vedendo con i nostri occhi come persone che erano vicine alla morte hanno già avuto ulteriori 23 anni di vita è il miglior tonico che potessimo avere. Anche i riceventi sono rasserenati vedendo che non ce l'abbiamo con loro perché sono vivi solo grazie alla morte di Nicholas ma, di fatto, sono eccitati perché le cose per loro stanno andando bene. Così, è stato terapeutico per entrambe le parti proprio come nella stragrande maggioranza dei contatti organizzati appropriatamente".