Per la prima volta in Italia, presso l’Unità di Oculistica dell'ospedale San Raffaele è stata impiantata una protesi sottoretinica in una donna non vedente. Il delicatissimo intervento è stato condotto da un’équipe di specialisti in chirurgia vitreoretinica e oftalmoplastica, diretta dal professor Francesco Maria Bandello. Decisivo il sostegno di Banca Mediolanum, che ha interamente finanziato l’intervento. La paziente sta bene ed è stata dimessa dall’ospedale. Ora attende l’accensione del microchip che stimolerà gradualmente la retina, consentendole di reimparare a vedere.
La retina artificiale
Il microchip, denominato Alpha AMS, è prodotto dalla compagnia tedesca Retina Implant. La protesi, destinata a persone che hanno perso la vista durante l’età adulta a causa di gravi malattie genetiche della retina, come la retinite pigmentosa, può ripristinare la percezione della luce e delle sagome di alcuni oggetti e/o persone circostanti. Si tratta del sistema di visione artificiale in assoluto più evoluto al mondo, che può restituire una visione indipendente da supporti esterni (come telecamere o occhiali).
Come funziona
Il principio di funzionamento si basa sulla sostituzione dei fotorecettori della retina, cioè le cellule specializzate (i coni e bastoncelli) deputate a tradurre la luce in segnali bioelettrici che arrivano al cervello attraverso il nervo ottico. I fotorecettori ormai non più funzionanti vengono sostituiti da un fotodiodo, un microscopico apparato elettronico in grado di trasformare la luce in uno stimolo elettrico. Il microchip misura circa tre millimetri e contiene 1600 sensori. Il dispositivo viene inserito al di sotto della retina, in corrispondenza della macula, in modo da stimolare il circuito nervoso che naturalmente collega l’occhio al cervello: in questo modo si sostituisce all’attività delle cellule non più in grado di fare il loro lavoro.
Il microchip è stato inserito al di sotto della retina, mentre il circuito di collegamento che lo unisce all’amplificatore del segnale elettrico è dietro all’orecchio, nella regione retroauricolare, sotto la pelle.
Attualmente questo nuovo modello di protesi sottoretinica è stato impiantato solo in pochissimi pazienti ed esclusivamente in due centri europei. Il 20 gennaio 2018 è stato eseguito il primo impianto italiano, al San Raffaele. La paziente, una donna di 50 anni, è affetta sin dalla giovane età da retinite pigmentosa, una malattia genetica dell’occhio che provoca la graduale riduzione della vista: i primi sintomi sono iniziati durante l’adolescenza e in seguito la visione si è gradualmente ridotta fino a esaurirsi totalmente.
"A seguito dell’intervento ci aspettiamo una stimolazione retinica che gradualmente potrà portare la paziente a reimparare a vedere" afferma Marco Codenotti, che aggiunge: “L’intervento è stato il più complicato che abbia mai eseguito. Ogni passo è fondamentale e delicato e la riuscita dell’intervento può essere compromessa da un momento all’altro. L’aver visto il microchip posizionato correttamente è stato per me una grandissima emozione, un sogno realizzato”.
Per l’ingegnere Elena Bottinelli, amministratore delegato el San Raffaele, "questo intervento conferma la vocazione dell’Ospedale San Raffaele e di tutto il Gruppo ospedaliero San Donato di adottare sempre le soluzioni più innovative per i propri pazienti. Grazie a Banca Mediolanum e alla esperienza della nostra oculistica, è stato possibile raggiungere questo importante risultato, sperimentando una nuova tecnologia. Un passo avanti importante per i pazienti affetti da queste gravi patologie”.
Si fa sentire anche Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum: “Con orgoglio abbiamo finanziato interamente il primo impianto italiano di microchip sottoretinico, considerato il più evoluto sistema di visione artificiale al mondo. Un progetto pionieristico che apre una nuova strada nella chirurgia vitreoretinica e soprattutto accende una speranza nelle persone affette da malattie genetiche ereditarie, come la retinite pigmentosa. Poter essere al fianco di una realtà di eccellenza in campo medico e scientifico, quale l’IRCCS Ospedale San Raffaele, non vuol dire solo aver dato un sostegno economico, ma essere stato un tassello di un progetto innovativo che mi auguro possa coinvolgere numerosi altri finanziatori che intendano seguire il nostro esempio”.