"In tempi di crisi, con l'incertezza sulla programmazione del lavoro e il calo delle vendite, c'è una forte possibilità di lavoro sommerso e attività evasive dal punto di vista fiscale". Così Marco Cuchel, presidente dell'Associazione nazionale commercialisti, commenta a Tgcom24 i dati di Censis e Confcooperative (nella tabella qui sotto) secondo cui dal 2012 al 2015 in Italia i lavoratori irregolari sono aumentati del 6,3%, arrivando a 3,3 milioni. "Chi perde il lavoro e deve mantenere la propria famiglia - continua Cuchel - tende ad accettare un nuovo impiego in qualunque forma, anche se lesivo della dignità umana. Lo Stato dovrebbe sostenere imprese e famiglie".
In che modo?
Servirebbero incentivi per l'occupazione, come la deducibilità piena del lavoro per quanto riguarda l'Irap, ma anche incoraggiamenti alle assunzioni a tempo indeterminato di giovani e non. Nella legge di stabilità 2018 c'è un provvedimento che prevede la decontribuzione del 50% dei contributi Inps. Forse sarebbe stato un bene prevedere un provvedimento analogo sull'Inail. Purtroppo l'incremento occupazionale che abbiamo registrato di recente è dovuto soprattutto a contratti a tempo determinato. Bisogna ritornare a incentivare il rapporto di lavoro indeterminato e l'unico modo che abbiamo è la leva fiscale della decontribuzione, che dev'essere più adoperata da parte del governo.
Pensa che l'eliminazione dei voucher, successiva rispetto ai dati in analisi, sia stata positiva?
I voucher erano uno strumento abusato, spesso utilizzato impropriamente per lavoratori che avrebbero meritato un altro tipo di trattamento. La loro eliminazione tout court, però, ha provocato un ritorno al sommerso per alcuni soggetti che erano emersi grazie ai voucher. La gestione di questo strumento avrebbe dovuto essere più oculata, senza arrivare alla sua abolizione. In molti casi i voucher venivano usati per rapporti di lavoro che in realtà erano dipendenti, ma consentivano a imprenditori e famiglie di avere flessibilità e di retribuire i lavoratori in maniera legale, anche se precaria. Ora credo che in moltissimi casi si sia tornati al lavoro totalmente sommerso.
Come valuta la proposta di una flat tax?
La flat tax potrebbe essere una soluzione, perché avere una tassa unica avrebbe almeno due effetti. Il primo è la semplificazione di un sistema particolarmente complesso come quello fiscale. In secondo luogo, per via di una tassazione ridotta, potrebbe incentivare l'emersione della base imponibile. Un aspetto che andrebbe verificato, oltre alle coperture, è quello della costituzionalità. Mi preme sottolineare quanto afferma l'articolo 53 della Costituzione: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". La flat tax dovrebbe, quindi, prevedere una "no tax area" per i redditi inferiori e soprattutto introdurre riduzioni e detrazioni per ridare progressività a questa forma di tassazione. Il principio costituzionale della capacità contributiva di ciascuno va mantenuto. Bisogna anche incentivare il contrasto di interessi (si ha contrasto di interessi fra un venditore e un compratore quando la convenienza a evadere delluno trova un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al fisco da parte dellaltro, ndr), rendendo detraibili i costi sostenuti. In alcuni campi, come le ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico, questa pratica sta funzionando.
Come emerge dai dati in tabella, chi lavora in nero arriva a prendere anche la metà di chi lo fa in regola. Questo genera un enorme problema alle aziende che lavorano un maniera corretta. Come si possono aiutare?
Certamente si viene a creare anche una concorrenza sleale. Queste imprese che cercano di fare tutto in regola, a partire dal personale retribuito secondo il contratto collettivo nazionale, si trovano in svantaggio rispetto a coloro che assumono personale non in regola. È chiaro che questa forbice nella retribuzione tra un dipendente assicurato e un dipendente non assicurato è un problema grave. Il mancato pagamento di contributi e imposte su questi redditi determina poi una retribuzione in nero notevolmente più bassa rispetto ad un dipendente in regola. Ci vorrebbe una politica di incentivi sia per i lavoratori dipendenti sia per gli autonomi, perché entrambi concorrono alla creazione di occupazione. Se si riuscisse ad abbassare le tasse, la pressione Irpef, e soprattutto ad abbassare la pressione sul lavoro, eliminando il costo del lavoro dalla base Irap, occupazione e imprese potrebbero ripartire.
Quali strade può percorrere il lavoratore sfruttato e pagato in nero?
Il lavoratore in nero che vuol far valere i propri diritti deve denunciare la propria attività all'ispettorato del lavoro e agli enti preposti per far valere i propri diritti. Una volta che viene accettato un lavoro in nero, magari con la speranza di essere regolarizzato, non c'è altra via. Bisogna vedere gli effetti che questo provoca: se l'azienda è sana, si può pensare di essere reintegrato nell'organico o comunque vedere riconosciuto il salario che era stato negato. Se invece l'azienda è poco seria o comunque non strutturata, bisogna valutare l'effetto. Ci sono molte aziende in cui l'imprenditore non ha niente da perdere e fa lavorare la gente in nero; non appena c'è un controllo o una denuncia, l'azienda muore lì e il lavoratore di fatto non ha nessun beneficio.