La fuoriuscita di greggio raffinato e di carburante dalla petroliera iraniana Sanchi, affondata nel mar Cinese meridionale il 14 gennaio, al largo di Shanghai, si è estesa fino a ricoprire una superficie di oltre 330 km quadrati, alimentando i timori di un gravissimo disastro ambientale. Sono queste le ultime stime della State Oceanic Administration, l'Autorità marittima cinese, che ha misurato le dimensioni delle chiazze causate dall'incidente.
Mercoledì lo stesso ente aveva riferito di una marea nera di dimensioni pari a 101 chilometri quadrati, cioè una superficie equivalente a quella della città di Parigi. Domenica sera tre imbarcazioni della guardia costiera cinese si trovavano sul posto per valutare l'entità della catastrofe ecologica. La petroliera Sanchi si trova a 115 metri di profondità e non è chiaro quale sia la quantità di sostanze inquinanti ancora all'interno della nave.
Al momento della collisione a bordo c'erano 111mila tonnellate di idrocarburi leggeri e oltre al suo carico la Sanchi, che batteva bandiera di Panama, poteva portare circa mille tonnellate di diesel pesante per il funzionamento delle proprie macchine. La marea nera, come annunciato la settimana scorsa da Pechino, si sposta verso nord a causa di venti e correnti marine, minacciando potenzialmente le coste di Corea del Sud e Giappone. La zona colpita, secondo Greenpeace, è ritenuta importante per la riproduzione di certe specie di pesci, crostacei e calamari. È anche un'area di passaggio per numerosi cetacei migratori come la balena grigia e la megattera.