COSPLAY: PASSIONE E... LAVORO

Giada Robin inaugura la nostra rubrica dedicata ai cosplayer

Non solo belle fotografie: andiamo a scoprire il "dietro le quinte" dei cosplayer... partendo da una delle interpreti italiane più famose

© ign

Il mondo dei cosplayer è veramente fantastico: tantissimi ragazzi e ragazze che si mettono in gioco, interpretando in prima persona i personaggi che più amano di videogiochi, fumetti e cartoni animati. Sembra banale? Non lo è, come ci spiega la prima cosplayer che vi presentiamo: Giada Pancaccini, in arte Giada Robin, una delle cosplayer italiane più note, in Italia e nel mondo.

NOME: Giada Pancaccini
NICKNAME: Giada Robin
PERSONAGGIO PREFERITO: Troppi per sceglierne soltanto uno!
IL PRIMO COSTUME: Nico Robin da One Piece (versione Alabasta)
MI TROVI SU: La mia pagina Facebook 

Potete ammirare le creazioni di Giada nella galleria sottostante. Ricordate di aprirla a tutto schermo per scoprire i personaggi!

Ciao Giada, parlaci della tua passione per il cosplay: da dove nasce? Com’è stata la tua prima esperienza da cosplayer?

Ho sempre avuto una grande passione per i fumetti, anime, manga, film e i videogiochi, ma non conoscevo nulla del cosplay. Ho conosciuto il cosplay tramite un gruppo di amici che mi portarono per la prima volta a Lucca Comics nel 2007, dove ho visto tutti questi ragazzi vestiti da personaggi dei cartoni animati e super eroi. Un’altra mia grande passione è sempre stata la recitazione, per cui l’idea di poter interpretare i miei personaggi preferit mi ha fatto subito innamorare del cosplay. La mia prima volta da cosplayer è stata proprio l’anno successivo a Lucca Comics 2008 insieme ai miei amici: abbiamo fatto un gruppo della ciurma di One Piece e io mi sono vestita da Nico Robin. Quell’anno a Lucca Comics si è tenuto anche un contest fotografico a tema One Piece organizzato da Toei Animation in collaborazione con Mediaset e abbiamo partecipato così per gioco: una ragazza che faceva volantinaggio per l’evento fuori dal padiglione comics ci aveva visti e ci aveva invitati a fare due scatti. Dopo qualche ora riceviamo la notizia di aver vinto il premio come Miglior Gruppo di One Piece e che dovevamo ripresentarci allo stand, non ci sembrava vero. La premiazione è avvenuta in un teatro della città, eravamo già emozionatissimi... quando a un certo punto si è presentato a premiarci niente po' po' di meno che Takashi Yoshiike di Toei Animation (braccio destro di Eiichiro Oda, l’autore di One Piece). È stata un’esperienza bellissima e indimenticabile, una grandissima sorpresa per tutti noi. Il mio nickname da cosplayer deriva proprio dal mio primo cosplay per ricordare questa fantastica avventura che mi ha poi spinto a continuare.

Alcuni costumi possono essere molto complessi, altri un po’ meno: quali sono le difficoltà che hai incontrato agli inizi e come sei riuscita a migliorare? Il tuo cosplay più complesso?

All’inizio non sapevo cucire ed infatti molti dei miei primi cosplay li ho comprati online o me li sono fatta commissionare da un’amica cosplayer. Anche se ho sempre preferito la parte d’interpretazione nel cosplay, piano piano ho cercato comunque di imparare a farmi i costumi e gli accessori per conto mio. Ho imparato a cucire grazie all’aiuto di mia nonna, ma devo questo miglioramento anche grazie a molte critiche che ricevevo (molti non mi reputavano una vera cosplayer) e mi sono data da fare sia per esigenze lavorative sia per smentire queste voci. 

Ironia della sorte vuole che il mio cosplay più complesso non sia un abito, ma un’armatura. L’estate scorsa infatti ho fatto un cosplay ispirato a Tamatoa, il granchio spocchioso del film Disney Oceania. Ho creato da zero il design e ho realizzato l’armatura utilizzando diverse tecniche e combinando insieme materiali mai usati prima (black worbla e stampa 3D). Si tratta senza dubbio del mio cosplay più complesso fatto fin ora. Nonostante questo sono riuscita a realizzarlo in soli sei giorni di lavoro non stop, cosa che anni fa non sarei mai riuscita a fare.

I cosplayer quindi si fanno gli abiti da soli? Il termine cosplay è legato solo al costume del personaggio o c’è dell’altro? 

Il termine cosplay deriva dall’inglese “costume-play” ovvero vestire i panni di un personaggio o recitare in costume, quindi non è vero che il cosplayer si debba fare i costumi da solo, perché oltre ai vestiti c’è anche l’interpretazione del personaggio. Non tutti hanno la capacità, la voglia o il tempo di realizzare un costume e non c’è nulla di male! Il saperselo fare da soli è soltanto una comodità in più ed è una cosa che si acquisisce con il tempo, a mio avviso. Per quello è stata fatta poi una distinzione tra cosplayer e cosmaker (molto utilizzata all’estero), ma alla fine non conta se ti fai i costumi da solo, se ti fai aiutare o se li compri, quello che conta è la passione che hai verso quel personaggio e divertirsi quando lo si porta in fiera. Anche se ancora oggi soprattutto in Italia ci sono persone che reputano la realizzazione del costume la base per essere cosplayer. 

Chi sono state le tue fonti d'ispirazione?

Durante la mia carriera ho preso molta ispirazione dalle cosplayer americane Yaya Han e Jessica Nigri, ma la mia più grande idola del cosplay in Italia è stata Francesca Dani, che prima di tutti gli altri ha creduto sulle potenzialità di internet e nel lato più creativo del cosplay. Ho sempre sognato di essere al loro livello, di visitare le convention in giro per il mondo e di creare uno store di merchandising tutto mio e in buona parte direi che ci sono riuscita.  

Oggi sei una cosplayer professionista, com’è avvenuto il salto da appassionata a cosplayer a tempo pieno? 

Ho iniziato a fare cosplay per gioco da semplice appassionata di fumetti e videogiochi, come tutti. Il successo è venuto con l’esperienza, il tempo, cogliendo le giuste occasioni, facendo delle scelte, tanti sacrifici e portando avanti molti miei progetti e idee vedendo quali avrebbero funzionato meglio... e probabilmente grazie anche a un po’ di fortuna. Nel corso degli anni ho analizzato con attenzione il mio percorso, e oggi posso individuare quali sono state le scelte che hanno contribuito a cambiare la mia immagine pubblica e professionale

La prima in ordine cronologico sicuramente è stata quella di comunicare in lingua inglese sulla mia pagina Facebook e guardare maggiormente all’estero per cercare la parte interpretativa del cosplay che tanto volevo. Se qualche anno fa erano in pochi in Italia ad avere una propria pagina dedicata al cosplay, quasi nessuno scriveva in inglese. Questo mi ha distinta dagli altri e portata a comunicare maggiormente con l’estero e quindi ad abbracciare anche una visione diversa di quello che era il cosplay in Italia. Cominciai a “oltrepassare” certi limiti che venivano imposti dalla nostra community e i miei cosplay diventarono molto virali su Internet, facendomi conoscere ed apprezzare sempre di più a livello globale.

Fui invitata come ospite a una convention in America, all’Anime Expo nel 2014 e da lì ho cominciato a conoscere realtà cosplay molto più grandi e diverse da quella italiana, che mi hanno portato negli anni a proporre personaggi di sesso opposto al mio (Genderbend), Pokemon in versione umanizzata (Gijinka) eccetera, cose ritenute normali all’estero, ma che sono state largamente criticate qui in Italia ed apprezzate molto tempo dopo. 

Come anche il fatto di vendere le stampe delle mie foto cosplay. Ricordo ancora l’incredulità di tanti fotografi alla mia richiesta di vedere i loro scatti. La gente mi incolpava di strumentalizzare questo hobby, di rovinarlo volendoci guadagnare dei soldi, che non era giusto o che comunque non ci sarei riuscita. Il tempo ha dimostrato il contrario, e anche se moltissimi non credono che il cosplay possa essere un vero lavoro, io sono qui e posso smentirli.

Com’è la vita di una cosplayer professionista? Insomma, come si svolge la tua giornata, quali sono le scadenze e gli eventi più importanti?

Gli impegni sono veramente tantissimi, ma credo che la realizzazione di contenuti e la comunicazione con il grande pubblico sui social network siano quelli più importanti. Avere una community alle spalle che ti sostiene, come ho io, è molto importante, ma più questa è grande più attenzione ci vuole a mantenerla. Su una base grande come la mia (che supera il milione di persone solo su Facebook) i contenuti devono essere di grande qualità. I social network sono il sistema che mi permette di essere in contatto con tutti i miei follower, per condividere con le persone quello che faccio, e ogni piattaforma ha una sua identità ben distinta

Noi siamo alla fine come ogni artista, il capo di noi stessi. Dipende solo quanto si è esigenti con se stessi, quali risultati si vogliono ottenere. Il cosplay è sicuramente una forma di arte molto potente, ma non bisogna dimenticare che si “vive” a contatto con un mondo molto veloce, internet, in continuo movimento ed evoluzione. Bisogna sempre stare al passo con quello che il pubblico si aspetta da te e la concorrenza negli ultimi due anni è diventata davvero tosta, almeno a livello femminile. È un ambiente molto competitivo, in cui spesso si è costretti a fare buon viso a cattivo gioco. Ci sono molti attriti e, se si raggiunge una certa fama, si finisce inevitabilmente al centro di ogni discussione, flame e gossip sono all’ordine del giorno. Insomma non è per nulla facile riuscire a mantenere la calma. 

Fare cosplay di lavoro non significa però stare in costume tutti i giorni. Se i fine settimana sono ospite nelle fiere del fumetto, nei giorni infrasettimanali devo pensare a tutta la parte logistica: realizzare i costumi, fare gli shooting fotografici e i video, gestire i social, rispondere alle mail di lavoro. Nel mio caso poi moltissimi eventi sono all’estero, quindi sono quasi sempre in viaggio e può essere anche molto stancante. La mia è una vita frenetica molto simile a quella di una modella o di un’attrice.  

Cosa ti piace di più del cosplay? Cosa ti ha dato? Ti saresti mai aspettata tutto questo successo? 

Assolutamente no! Non avrei mai pensato di diventare una cosplayer famosa a livello internazionale, di essere invitata come ospite e giudice a degli eventi, di lavorare con case videoludiche e aziende importanti in ambito gaming, di fare autografi e vendere gadget, di apparire in TV e girare dei film. Quello che mi piace di più del cosplay è il divertimento. Mi diverto a interpretare i miei personaggi preferiti, a condividere i miei lavori con altri che hanno la mia stessa passione. La possibilità di esprimersi e dare libero sfogo alla propria fantasia. A me il cosplay ha dato tantissimo, ho imparato tante cose nuove, ho girato il mondo, ho conosciuto persone speciali. Ne ho fatto un vero e proprio lavoro, ma non ho perso la passione e la grinta di un tempo. Continuo a divertirmi e ho una community affiatata di persone che mi seguono e mi sostengono ogni giorno, mi hanno dedicato anche delle fanpage. Molte persone mi vedono come un punto di riferimento o addirittura un modello da seguire, prendono ispirazione dai miei cosplay... non posso che esserne lusingata.

Una domanda che ci facciamo un po’ tutti, soprattutto quando si tratta di una bella ragazza cosplayer, quanto conta l’aspetto fisico?

Credetemi non è solo questione di estetica. L’aspetto fisico può certamente aiutare a farsi notare nell’ambiente, ma non è tutto. Ci vuole un bel carattere per sopportare tutte le critiche e l’enorme stress che ne consegue. Bisogna essere forti e fregarsene, credere in se stessi ed andare avanti. Non tutti ne sono capaci.

Puoi dare qualche consiglio ai tanti cosplayer che vorrebbero fare di questa passione un lavoro vero? 

Si inizia per passione, non bisogna partire pensando subito di sfondare. Se si raggiungono alcuni traguardi e si vuole continuare provando a trasformare il proprio hobby in qualcosa di più, servono moltissima dedizione, determinazione, pazienza e perseveranza. Al contrario di quello che dicono alcuni, le cose non si ottengono soltanto volendole, ma agendo in maniera concreta con i mezzi che si hanno a disposizione.

 


 

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