La rivoluzione è ufficialmente partita. Dopo mesi di annunci, confronti a livello istituzionale e scolastico, dubbi e interrogativi arrivano finalmente le regole sull’utilizzo degli smartphone in classe. Valide per le scuole di ogni ordine e grado. Un decalogo che nei piani del Ministero dovrebbe aprire una nuova fase nella didattica. Ma che, in realtà, serve a sanare un vuoto che era ben visibile nella quotidianità delle scuole italiane. Perché i telefoni cellulari (e i tablet) già entravano nelle nostre aule. Anche per motivi di studio. Perché continuare a non ammetterlo, vietandolo e basta? Meglio provare, anche se in ritardo, a dargli un ruolo chiaro, come spiega Skuola.net.
In molte classi lo smartphone acceso è già una pratica diffusa
Basti pensare che, secondo un sondaggio effettuato da Skuola.net tra gli studenti all’indomani del via all’operazione ‘device in classe’ (all’inizio di quest’anno scolastico) più della metà dei ragazzi (56%) diceva di usare già il cellulare durante le lezioni: in un caso su 10 erano tutti i professori a cercare di sfruttare gli smartphone per rendere le spiegazioni più coinvolgenti. Il 47%, invece, si doveva accontentare solo di alcuni docenti che credevano nelle potenzialità delle nuove tecnologie. Ma, nello specifico, che uso se ne fa? A più di un ragazzo su tre viene chiesto di accenderli per approfondire le spiegazioni; nel 13% dei casi per usare app durante lezioni e compiti in classe; la stessa percentuale (13%) lo sfrutta per prendere appunti e organizzare lo studio.
La ministra Fedeli: "Abbiamo lasciato le scuole in sospeso per troppo tempo"
“La consapevolezza, al contrario del rigetto, dei dispositivi mobili e della loro ormai capillare diffusione – afferma la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli - permette a chi si occupa di educazione e formazione di relazionarsi in modo più efficace con strumenti che hanno cambiato e stanno cambiando la cultura e le esperienze diffuse della società contemporanea, investendo anche la dimensione etica dei valori, delle identità e dei comportamenti collettivi. Limitarsi a vietare ogni tipo di dispositivo mobile in classe non avrebbe altro risultato che tenere la scuola lontana da uno spazio sociale e culturale – oltre che tecnologico – che oggi è determinante nella vita dei più giovani, e non solo. Abbiamo lasciato le scuole in sospeso per troppo tempo”.
La regola principale: solo il docente può chiedere di usare i device
Ma cosa si dovranno aspettare i ragazzi dopo che il decalogo verrà adottato dalla propria scuola? Le linee guida sono un mix di teoria e pratica. Poche regole ma precise. Che non lasciano spazio a equivoci: innanzitutto sarà il docente a decidere come e quando far accendere i device agli alunni. Resta dunque la regola base che i cellulari devono essere tenuti spenti. A meno che non lo richieda il professore. Una precisazione importante, visto che quasi la metà dei ragazzi (45%) ammette di usare lo smartphone per scopi personali anche durante le lezioni (per chattare, per andare su Internet, per copiare i compiti).
La circolare Fioroni non più adeguata ai tempi che cambiano
“Dal 2007, quando il Ministro Fioroni firmò la circolare che dava linee di indirizzo sull’uso dei telefonini durante l’attività didattica – sottolinea la ministra Fedeli - molte cose sono cambiate, in termini di tecnologia e di uso dei dispositivi (tanto da far apparire già obsoleta la definizione “telefonini”). Evidentemente resta inibito, come stabilito da quella circolare, l’uso personale di ogni tipo di dispositivo in classe, durante le lezioni, se non condiviso con i docenti e a fini didattici”.
Notifiche disabilitate per combattere le ‘distrazioni’
Proprio per questo uno dei pilastri del decalogo impone agli studenti (e ai docenti) di disabilitare le notifiche del cellulare. Per evitare eventuali distrazioni dovute agli avvisi sui nuovi contenuti dei social network, a messaggi in entrata provenienti dalle chat di messaggi, a report vari inviati dalle App scaricate sul telefono. La didattica (e solo quella) deve essere la protagonista dell’uso degli smartphone a scuola.
Connessione solo in Wi-Fi per controllare meglio la classe
Novità anche sul tipo di rete prescelta per la navigazione con i dispositivi personali: niente 3G o 4G, ci si dovrà connettere esclusivamente in Wi-Fi. Cosicché, se la classe si dovesse lasciar prendere la mano e, anziché seguire l’insegnante, andasse per i fatti suoi basterà spingere un tasto, spegnere il router e tornare al metodo classico di spiegazione. Ma è proprio questo uno dei nodi più critici: siamo sicuri che le scuole siano preparate?
Le scuole stabiliscono le regole. Ma i prof devono aggiornarsi
Gli altri sei punti del decalogo hanno invece un approccio più etico, d’indirizzo. Formando una cornice all’interno della quale si dovranno muovere i protagonisti del processo. Le scuole, che avranno il compito di scrivere un regolamento interno, in cui si spiega esplicitamente cosa si potrà e cosa non si potrà fare con gli smartphone. I docenti, che dovranno ‘accettare il cambiamento tecnologico’: ancora troppi quelli che ‘rifiutano’ di convertirsi al 2.0. Sarà necessario un ingente investimento in formazione dei docenti, per metterli allo stesso livello tecnologico dei propri alunni? Probabile (già pronti sul tavolo 25 milioni di euro). Istituti e professori che, assieme, avranno anche un ruolo educativo: spiegare alle famiglie i motivi di una scelta del genere e avvicinare i ragazzi all’uso consapevole della tecnologia.