Nicolò Clemenza aveva solo otto anni quando il suo paese, Partanna, in provincia di Trapani, venne cancellato dal terremoto che tra il 14 e il 15 gennaio 1968 distrusse tutta la valle del Belice. Numerose scosse fino al nono grado della scala Mercalli interessarono una vasta area tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento, colpendo 21 cittadine, facendo 400 vittime, un migliaio di feriti e lasciando senza tetto circa 90mila persone. A cinquant'anni dallla tragedia Partanna si prepara a voltare pagina anche se il ricordo di quei tragici momenti è ancora vivo nella memoria del signor Clemenza che a Tgcom24 affida il suo racconto.
Quale ricordo ha della notte del terremoto?
"Vivevo in un casolare, in campagna, con la mia famiglia, in tutto eravamo una trentina di persone. Dopo la prima scossa dell'una e mezza di notte eravamo in agitazione ma pensavamo di essere al sicuro all'interno dell'edificio. Eravamo restati al riparo anche perché fuori era freddissimo, c'era la neve. Alle tre e mezza però, è arrivata la scossa più forte: a quel punto il casolare ha ceduto. Un inferno di pietre: tutte le pareti sono venute giù. Ho ancora impressa nella mente quell'immagine delle pietre che ci piovevano addosso".
Il sisma ha distrutto la sua famiglia. Cosa successe ai suoi cari?
"Mentre cercavamo di uscire dal casolare mia mamma si è accorta che mancava all'appello mia sorella. È tornata indietro a cercarla. A quel punto una parte della struttura è crollata e ha schiacciato sia lei che la bambina. Avevano 35 e 5 anni. Non lo dimenticherò mai. Quella notte ho perso loro due e uno zio acquisito, oltre alla casa che avevamo in paese".
Cosa successe negli istanti successivi al sisma e al crollo?
"Io mi ero messo in salvo, ero riuscito a uscire all'esterno del casolare e ricordo con precisione il momento in cui veniva fatta la conta delle persone: quando mio padre ha sentito che mancava sua moglie, è impazzito ma non si poteva fare nulla per salvarla. C'era freddo e pure la neve, per questo non siamo riusciti a fare nulla subito. I primi soccorritori sono arrivati solo la mattina successiva. Cinquant'anni fa non c'erano i telefoni in paesi piccoli come il mio e anche il sistema dei soccorsi durante emergenze di questo genere era molto diverso".
Il post sisma fu altrettanto duro: come lo ha vissuto?
"Siamo rimasti nelle baracche per 15 anni. La casa in paese non era agibile e con il contributo l'abbiamo ricostruita nella zona nuova. Per un bambino è stato molto duro quel periodo. Nella baracca eravamo senza riscaldamento, tenevamo solo delle stufette e c'era sempre il rischio che prendessero fuoco. La ricostruzione è stata lunga ma anche questa sembra essere ormai una pagina superata".