Voleva "regalare" la cultura e l'istruzione Piero Grasso con la sua idea di abolire le tasse universitarie per tutti, ma la proposta del leader di Liberi e Uguali si è trasformata in un boomerang. Per molti, in questo modo, si favorirebbero i "ricchi" a discapito dei "poveri", quindi sarebbe una misura tutt'altro che democratica. "È una proposta trumpiana - dice Carlo Calenda - perché gli studenti meno abbienti sono già esentati".
Per il responsabile dello Sviluppo economico sarebbe "un supporto alla parte più ricca del Paese" perché, spiega, "oggi sono già esentati di fatto gli studenti con redditi bassi dalle tasse universitarie, se le metti a carico della fiscalità' generale stai dicendo che anche i redditi bassi che non hanno figli a scuola devono pagare per mandare in molti casi persone che hanno reddito medio a scuola".
Rincara la dose Valeria Fedeli, la quale ricorda che "sulle tasse universitarie si sono già fatte operazioni importanti due anni fa con l'introduzione di una no tax area". "Già dalla finanziaria del 2017 - spiega il ministro dell'Istruzione - per le famiglie economicamente deboli c'è già questa possibilità. Non solo, ma abbiamo anche introdotto una norma che calmierizza fino a 30.000 euro di reddito i costi delle tasse universitarie. Quello che bisogna fare - ha precisato - è investire molto di più sulle borse di studio".
Nemmeno al deputato del Pd Michele Anzaldi che condivide le critiche di chi òla vede una penata a favore dei più abbienti. "L'abolizione delle tasse a tutti - scrive su Facebook - sarebbe un favore alle famiglie più ricche, i cui studi sarebbero pagati dalla collettività e quindi anche dalle famiglie più povere. Per anni i colleghi di partito di Grasso hanno contestato l'abolizione della tassa sulla prima casa con la motivazione che sarebbe stata tolta anche ai ricchi, sebbene castelli e ville signorili siano stati esclusi, e ora vorrebbero far pagare l'università dei figli di Berlusconi o del fuoricorso Di Maio a tutti gli italiani? Sembrano un po' confusi".