Pino Daniele, la famiglia a tre anni dalla morte: "Poteva essere salvato"
Il pool di esperti incaricato di esaminare il caso rivela che il maxiritardo dell'intervento medico dopo l'occlusione del bypass potrebbe essere stato fatale
Pino Daniele poteva essere salvato, secondo la famiglia del cantante. Quelle quattro ore di attesa prima di un intervento dei medici dopo l'occlusione del bypass sarebbero state fatali. A tre anni dalla morte del cantautore, spuntano nuovi particolari che gettano nuove ombre sul decesso dell'artista.
La
perizia medico-legale disposta dal Tribunale di Roma per chiarire le cause della morte ha accertato, rivela il settimanale "Giallo", che a provocare il decesso fu "lo shock cardiogeno in soggetto affetto da cardiomiopatia dilatativa post-ischemica, coronaropatico e sottoposto a intervento di by-pass aortocoronarico, iperteso".
Il pool di esperti che ha esaminato il caso sottolinea che "la decisione di Pino Daniele di volersi far
trasportare a Roma" non fu "scevra di rischi". E i medici precisano: "La scelta di ricorrere alle cure dell'ospedale Sant'Eugenio in Roma ha privato il Daniele della possibilità di giovarsi di opportunità terapeutiche in modo tempestivo (considerando una latenza temporale di circa un'ora in merito all'effettività di inizio terapia)". Ecco dunque la richiesta di chiarezza della consulente della seconda moglie Fabiola Sciabbarrasi, Luisa Regimenti.
A peggiorare il quadro il trasporto in auto, con il cantautore seduto anziché sdraiato. Tale condizione avrebbe provocato un accumulo di sangue nelle "zone declivi" del corpo e questo avrebbe determinato un'ulteriore diminuzione della distribuzione del sangue agli organi disposti più in alto, in particolare cuore e cervello. Il pm ritiene dunque che, senza quel trasferimento, tutto si sarebbe risolto. E adesso il caso si riapre, con i familiari che chiedono di fare piena luce sulla vicenda.
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