I Guardiani della rivoluzione hanno annunciato che la sommossa popolare antigovernativa in Iran è finita. "Oggi possiamo dichiarare la fine della sedizione", ha affermato il generale Mohammad Ali Jafari. Parlando dei contro-rivoluzionari il capo dei Pasdaran ha spiegato: "Sono intervenuti in massa sui social media, migliaia di loro erano all'estero, addestrati negli Usa". Quelli in Iran invece "erano affiliati a un gruppo di opposizione in esilio".
"Non vi sono stati più di 1.500 manifestanti alla volta e il totale globale non ha superato le 15mila persone in tutto il Paese", ha dichiarato Jafari spiegando che "un gran numero di agitatori, addestrati dai controrivoluzionari, sono stati arrestati e contro di loro saranno adottati provvedimenti severi". Il generale ha inoltre specificato che i Pasdaran, che rispondono direttamente alla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, sono intervenuti "in modo limitato" nelle provincie di Isfahan, Lorestan e Hamedan.
Trump promette sostegno agli iraniani al momento appropriato - Intanto il presidente americano Donald Trump è tornato a twittare il suo apprezzamento per il popolo iraniano e a promettere il sostegno Usa al momento giusto. "Grande rispetto per il popolo dell'Iran mentre tenta di riprendere il controllo del suo governo corrotto. Vedrete grande sostegno dagli Stati Uniti al momento appropriato!", ha cinguettato il tycoon.
In una settimana di proteste 21 morti e centinaia di arresti - In totale 21 persone, in maggior parte manifestanti, sono rimaste uccise nelle violenze scoppiate durante le proteste, le più importanti dalla fine del movimento di contestazione contro la rielezione dell'ex presidente ultraconservatore, Mahmoud Ahmadinejad, nel 2009. Alcune centinaia di persone sono state arrestate.
28 dicembre - Centinaia di iraniani manifestano a Mashhad, nel Nord-Est del Paese, e in altre città dell'Iran, contro l'aumento dei prezzi, la disoccupazione e le scelte del governo. Secondo alcune immagini diffuse dai media riformatori, i manifestanti scandiscono slogan come "Morte a Rohani", attaccando il presidente e criticando l'impegno del governo sulle questioni regionali, invece che su quelle interne.
30 dicembre - Decine di migliaia di persone, mobilitate dal regime, scendono in piazza per l'anniversario della grande adunata che nel 2009 aveva segnato la fine delle contestazioni contro la rielezione di Ahmadinejad. Il ministro degli Interni ha chiesto di non partecipare a "raduni illegali". Ma decine di studenti riuniti davanti all'ingresso principale dell'Università di Teheran vengono dispersi dalla polizia con gas lacrimogeni. Poi centinaia di studenti pro-regime prendono il controllo dell'ateneo.
31 dicembre - Il ministro dell'Interno mette in guardia coloro che "usano la violenza". "Devono rispondere delle loro azioni", dice. L'accesso a Telegram e Instagram sui telefoni cellulari è nuovamente limitato. Le autorità accusano i gruppi "controrivoluzionari" di utilizzare queste reti per invitare la gente alla protesta. Rohani riconosce che l'Iran deve garantire "spazio" affinché la popolazione possa esprimere le sue "preoccupazioni quotidiane", ma condanna le violenze. I manifestanti attaccano e talvolta metotno a fuoco edifici pubblici, centri religiosi, banche e auto della polizia in diverse città. Otto manifestanti vengono uccisi nella parte occidentale del Paese.
1 gennaio - Rohani dichiara che il popolo iraniano risponderà ai "fautori dei disordini", definendo i manifestanti una "piccola minoranza". Nella notte, nove persone vengono uccise in diverse citta' della provincia di Isfahan, tra cui sei manifestanti.
2 gennaio - La guida suprema Ali Khamenei accusa "i nemici" dell'Iran di manovrare le proteste contro il regime. Il principale gruppo riformista, presieduto dall'ex presidente Mohammad Khatami, condanna le violenze e il "grande inganno" degli Stati Uniti. Il presidente Rohani chiede al suo omologo francese Emmanuel Macron di agire contro le attivita' di un "gruppo terrorista" iraniano con sede in Francia e coinvolto, a suo parere, nelle manifestazioni. Teheran accusa il Mujahedin del popolo di alimentare le violenze e di essere legati all'Arabia Saudita. L'Onu chiede che "i diritti di espressione e di assemblea pacifica del popolo iraniano siano rispettati". L'ambasciatore statunitense Nikki Haley invece spinge per riunioni d'emergenza alle Nazioni unite.
3 gennaio - Decine di migliaia di manifestanti filo-regime si riuniscono in diverse città. Armati di stendardi che denunciano i "fautori dei disordini", i manifestanti ripetono slogan a favore della guida suprema Khamenei, ma anche contro gli Stati Uniti ("Morte all'America") e Israele.