Nintendo Switch: ora viene il difficile
Dopo l'abbuffata dei primi mesi, il 2018 sarà l'anno della verità per Switch.
Per Nintendo viene ora quella che, paradossalmente, potrebbe essere la parte più difficile. Switch è stata la storia più interessante e sorprendente di questo 2017, per noi appassionati di videogiochi. Con dieci milioni di console vendute in circa nove mesi e la speranza di arricchire ulteriormente il bottino con gli ultimi acquisti della stagione natalizia, la console ibrida è andata oltre ogni aspettativa.
Un successo che per Nintendo assume svariati significati e porta in dote altrettante “ricompense”. I più appassionati si ritroveranno a chiedersi cosa ci sia nel DNA del colosso giapponese se, a trent’anni dalla sua conversione da azienda del mondo dei giocattoli a quella d’intrattenimento elettronico e con una serie di record fatti segnare a proprio nome, si debba ancora ritrovare a fronteggiare gli sguardi torvi di chi le ha diagnosticato l’ennesimo fallimento e la necessità ineluttabile di pensionare il suo settore hardware (concentrandosi eventualmente solo sul software, da produrre per le altrui console). Al di là di questo, materia buona per discorsoni da post-cenone nerd (il migliore), dieci milioni di Switch mettono il destino della console più che mai nelle mani di Nintendo. E non solo di un supposto, forse inesistente, fato cinico e baro. Quello che, secondo alcuni, ha seppellito il Dreamcast e Sega o adombrato la luce della stella del GameCube.
Oggi Switch esiste, è una realtà, il grande pubblico sta iniziando a conoscerlo e soprattutto può godere di un’inerzia che Wii U ha solo potuto immaginarsi nei suoi sogni più selvaggi e sudati. La console si vede in giro, le pubblicità non mancano, i premi di fine anno si susseguono anche sulle pagine della stampa generalista di mezzo mondo e, insomma, vuol dire che sta vivendo il suo momento di celebrità mainstream. Visto da lontano, il fenomeno ricorda in parte quello di Wii, ma naturalmente siamo solo all’inizio e la strada da fare è ancora tanta. Una possibile interpretazione potrebbe concentrarsi sul fatto che una volta conquistate le prime pagine e fatto partire il tam-tam mediatico, il grosso sia sostanzialmente fatto. Ma la storie è ricolma di fuochi di paglia soffocati nel volgere di una notte e dell’esplosione della prossima “big thing”.
Quello che serve a Nintendo e a Switch, anche alla luce della straordinaria ma complicata vicenda di Wii, è di imporre Switch come un punto saldo, fermo e affidabile dell’attuale panorama. Non un’idea pazza, simpatica e divertente, a cui dedicare tante buone parole, qualche soldo, un paio di stagioni… salvo poi tornare nei porti sicuri dei nomi vissuti e considerati come più affidabili. Questo è quanto successo a Wii. Deve quindi essere proprio Nintendo ad affrontare, a petto in fuori e con la stessa eccellente arroganza che ne ha accompagnato il 2017, anche i prossimi dodici mesi.
Ora che si è giocata i suoi principali assi,
la situazione è più delicata che mai. Zelda e Mario sono già arrivati, si sono comportati benissimo e non c’è dubbio che continueranno a trainare in parte le vendite anche per i prossimi mesi. Ma non può bastare e, ovviamente, l’impatto dei due titoli andrà giocoforza affievolendosi, con Zelda che grazie all’ultima espansione (che garantisce qualche ora di gioco in più) ha trovato un po’ di ossigeno, ma che difficilmente potrà continuare a lavorare per la causa in maniera significativa anche a un anno di distanza dall’uscita.
Servono allora altri nomi, serve non abbassare la guardia,
serve continuare a martellare. Non perché noi che giochiamo dobbiamo in qualche modo essere interessati ai conti di fine anno di Nintendo (o di Sony, o di Microsoft, o di…), ma perché si tratta di un ecosistema che si alimenta del suo stesso successo e si ammala con i suoi fallimenti. Chiedete a chi ha comprato un Wii U quanto è stato soddisfatto di assistere ai passi falsi, ai mesi senza giochi, alla scelta di Nintendo di “sollevarla dall’incarico” anzitempo, per affidarsi a un nuovo contendente (Switch, per l’appunto).
Con Zelda e Mario fuori dai giochi, cosa possiamo aspettarci per il 2018?
Metroid Prime 4, annunciato unicamente attraverso un logo qualche mese fa, potrebbe miracolosamente comparire entro l’autunno. I nuovi giochi di piattaforme di
Yoshi e di Kirby sono previsti genericamente tra la primavera e l’estate, ma è chiaro che non siano esattamente produzioni capaci di impattare in maniera significativa sul mercato (e a dirla tutta, da qualche tempo non riescono nemmeno a lasciare il segno nel cuore degli appassionati più esigenti). I due nomi di maggior peso che possono giocarsi da Kyoto sono, probabilmente,
Super Smash Bros., il picchiaduro enciclopedico che raccoglie tutti i volti più celebri di Nintendo, e
Animal Crossing, lo strambo gioco di comunicazione pieno di animaletti antropomorfi che da qualche settimana ha invaso anche gli smart device di mezzo mondo.
E poi… poi ci sono le sorprese,
i nuovi Splatoon e i nuovi ARMS, intesi non come seguiti ma come progetti capaci di ripercorrerne la strada. Concetti nuovi, diversi, esteticamente irresistibili. Così Nintendo può costruire il suo esercito per il futuro, quando Zelda e Mario dovranno per forza fermarsi per rifiatare.
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