storie di moda

Ingrun Von Keudell. Collezioni gioiello dal gusto cosmopolita

La fashion designer tedesca lancia il brand Opaline: nightwear, leisurwear e interior design, che s’ispirano alla cultura indiana

di Elena Misericordia

© ufficio-stampa

Ingrun Von Keudell, tedesca di nascita e italiana per amore, è la fondatrice di Opaline, brand che nel corso degli anni ha visto espandere i propri orizzonti dalla pigiameria di lusso alle ricercate collezioni di abbigliamento prêt-à-porter, sino al beachwear e all’interior design. L’ispirazione indiana è il filo conduttore dell’intero progetto Opaline che, nel suo DNA, si caratterizza per una sofisticata impronta hippie-chic e per l’utilizzo di colori caldi e speziati, che si fondono con tessuti naturali e leggeri, attraverso le antiche tecniche degli artigiani d’Oriente.

Collezioni “gioiello”, che negli ultimi anni si sono sempre più impreziosite, attingendo alla tradizione manifatturiera Made in Italy. Il logo del marchio, fedele alle proprie origini, riproduce un piccolo elefante stilizzato, con la proboscide all'insù, simbolo indiano di dignità, forza e saggezza, oltre che auspicio di buona fortuna. 

Ma chi è Ingrun? Da dove deriva la tua passione per la cultura indiana? 
Sono nata a Elmau, piccola comunità circondata dalle montagne dell’Alta Baviera, ma mi sento veramente “a casa” soltanto quando sono in viaggio oppure quando mi trovo in India, dove in realtà sono cresciuta insieme ai miei fratelli, in mezzo ai campi di riso. Ho respirato da sempre la cultura e la filosofia indiana, che sono così diventate il mio punto di riferimento, mescolate però al mio innato senso di realismo e razionalità.

Qual è stato il tuo percorso di crescita umano e professionale?
Provengo da una famiglia di medici, ma mia mamma sin da quando ero piccina mi ha sempre fatto frequentare corsi di arte, danza e disegno, iniziandomi alle attività creative più insolite. Ho viaggiato molto insieme alla mia famiglia, sviluppando naturalmente dentro di me la curiosità di scoprire cose nuove. Ricordo che quando ero bambina passavo le ore a sfogliare le pagine di un libro della creative director di Donna Karan, pieno di immagini di tribù di tutto il mondo, ispirazione delle collezioni della rinomata griffe negli anni d’oro. Sin dall’infanzia ho quindi nutrito il mio spirito creativo. Il mio sogno era quello di diventare un’artista, magari costumista per sceneggiature secondo lo stile di Jean Cocteau o di Serge Diaghilev. Mi sono infine laureata alla Parsons di Parigi e di New York, entrando così a far parte del circuito della moda, che mi ha permesso di continuare a viaggiare e a confrontarmi con nuove realtà, proprio come sognavo.

Quando è nato il brand Opaline? Come mai hai scelto proprio questa parola e non il tuo nome per firmare le tue collezioni? 
Il mio nome è troppo complicato e lungo…ho imparato ormai a fare lo spelling in tutte le lingue! 
Volevo dare al mio brand un’impronta più semplice ed immediata, che racchiudesse al proprio interno un rimando implicito a tante culture differenti. Ho scelto il termine Opaline, che in sanscrito significa “gioiello”, e che mi piace in tutti i sensi.


Possiamo parlare di una produzione handmade in India o nel tempo qualcosa è cambiato? 
Per me l’importante non è fare moda ma creare modelli senza tempo. Negli ultimi anni mi sono spinta un po’ oltre i confini della cultura indiana, traendo spesso ispirazione da tante altre tribù sparse in tutto il mondo. Oggi gran parte delle mie collezioni viene realizzata in Italia, agli artigiani indiani affido soltanto alcuni progetti speciali, come ad esempio i tessuti fatti a mano in seta riciclata. Continuo comunque ad avere a cuore il fair trade e mantengo in vita un laboratorio di sarti indiani, che realizzano l’intera linea di  pigiameria Opaline. Tutti i miei tessuti, in ogni caso, provengono dall’India…sono unici e preziosi, introvabili atrove! In passato utilizzavo la tecnica del block-printing anche per i capi di abbigliamento, ora soltanto  per i tessuti di arredamento, a causa dei lunghi tempi di realizzazione.

L’ispirazione da dove arriva? 
L’ispirazione è un patchwork di intuito ed esperienze, curiosità e ricerca…la trovo passeggiando tra le bancarelle dei mercati, visitando mostre, viaggiando in giro per il mondo, incontrando persone nuove…

© ufficio-stampa

Come riesci a conciliare la tua cultura nordica di nascita con le calde tradizioni indiane? 
Sono esattamente questi due opposti, che convivono dentro di me, a rendere il processo creativo così divertente. Si direbbe che sono un po’ “matta”,  ma in realtà sono una persona molto razionale e concreta!

A quale figura femminile ti rivolgi?
È difficile rispondere perché è impossibile riassumere la complessità di una donna in un’unica definizione … 
Le donne di oggi sono spesso dei “geni nascosti”:  fanno tutto, senza far trasparire nulla. Sono forti, fiere fantasiose e sanno brillare sempre nel momento opportuno. Mi piace pensare che il mio brand sia versatile, capace di vestire tutte le donne, nelle loro diverse sfaccettature e fasi della vita.


Chi sei quando non vesti i panni della designer? Come ami trascorrere il tuo tempo libero? 
Ho sempre pensato che prima o poi sarei diventata un’insegnante di yoga e mi sarei ritirata, almeno per sei mesi all’anno, in un posto isolato, al riparo dai rumori e dai ritmi frenetici della città…tuttavia, avendo una famiglia, questo progetto è impossibile da realizzare. Sono alla continua ricerca dell’armonia perfetta fra natura, attività e creazione…mi auguro un giorno di trovare questo equilibrio al 100%.

Il progetto Opaline, come già detto, sta ampliando i propri confini, dal nightwear, leisurwear, beachwear, all’abbigliamento donna, uomo e bambino, sino all’arredamento d’interni. Dopo Porto Cervo, hai anche inaugurato il nuovo concept store milanese in via Savona, nel cuore del Tortona Design District. E adesso, cosa sogni per il tuo futuro? E per quello del tuo brand? 
Desidero che Opaline diventi un “lifestyle cult”, capace di sopravvivere alle mode del momento, senza mai invecchiare. Sogno che il nostro wallpaper, i nostri tessuti e i nostri oggetti di design possano arredare gli interni delle case del futuro. Spero che le ragazze del nostro team crescano con noi, mantenendo sempre intatto lo spirito di squadra, motivate dalla stessa creatività di oggi, intensa e vivace. Mi piacerebbe aprire concept store, come quello di Milano, anche a Londra, Parigi, Stoccolma, New York…insomma per il momento sogno un po’…fa sempre bene!