Il lungo inverno della scuola italiana è già iniziato. Forse un po’ in anticipo rispetto alle previsioni. Sta di fatto che sono bastati i primi freddi per far andare in tilt gli impianti di riscaldamento di molti istituti. Secondo un sondaggio di Skuola.net effettuato su 5mila studenti di medie e superiori, appena il 44% non ha motivo di lamentarsi visto che i termosifoni della propria scuola sono realmente efficienti. Tutti gli altri, invece, tremano al solo pensiero di dover affrontare i prossimi mesi nelle condizioni attuali: il 28% dice che i caloriferi si rompono spesso o non funzionano affatto; il 20% afferma che la temperatura è troppo bassa. Ma c’è anche chi vive la situazione opposta: l’8% dice che in classe, quando i riscaldamenti sono accesi, fa troppo caldo; ma è comunque un segno che le cose non vanno come dovrebbero.
Gli investimenti pubblici non sono stati sufficienti
Non è dunque bastata la massiccia opera di restyling che il Governo ha messo in atto negli ultimi tre anni, dal momento del varo della "Buona Scuola". Uno dei capitoli più importanti della riforma riguarda proprio la cura degli edifici scolastici: 400 milioni di euro per la sicurezza delle strutture, da tradursi in 1.636 interventi (ma ne mancano all’appello ancora la metà). Più altri 150 milioni per la manutenzione ordinaria (quella che dovrebbe interessare da vicino gli impianti di riscaldamento): 7.325 scuole coinvolte nel 2014 e altri 10mila interventi effettuati nel biennio 2015-2016 (questi ultimi finanziati con ulteriori 280 milioni). Il quadro dunque, nonostante gli sforzi, non sembra essere migliorato di tanto. Tra l’altro, il 32% dei ragazzi sostiene che nel proprio istituto non ci sia stata traccia di ristrutturazioni. E, anche dove sono entrati gli operai, pare che la differenza non si sia vista (lo dice il 23% del campione).
La protesta passa prima per i social
Nel frattempo, a studenti e professori, non restano che due armi a disposizione per difendersi: coprirsi e protestare. Le bacheche dei social network sono già piene di immagini che ritraggono ragazzi imbacuccati dalla testa ai piedi, avvolti in coperte di pile, attaccati ai termosifoni alla ricerca di un po’ di calore. Ma, a volte, le temperature sono ben al di sotto dei 20 gradi previsti come livello minimo di riscaldamento delle aule. Tra le foto postate si vedono termometri segnare anche 14-15 gradi. E, allora, non rimane che seguire l’altra strada: lo sciopero. Se non chiudono le scuole per "impraticabilità di campo" sono gli studenti (e non solo loro) a interrompere la didattica.
Studenti in sciopero contro i riscaldamenti a singhiozzo
Le situazioni più critiche si sono registrate in tutto il Nord-Ovest: a Torino, già la scorsa settimana, centinaia di ragazzi sono scesi in piazza per segnalare guasti e malfunzionamenti in diversi istituti. Stessa cosa a Imperia, dove gli studenti del liceo Artistico hanno disertato le lezioni. Mentre a Lucca la protesta è arrivata fin sotto il palazzo della Provincia al grido di “No termosifoni? No lezioni”. Una situazione che, in queste ore, sta accomunando tante province dell’Italia occidentale – come Vercelli, Savona, Cuneo, Pistoia – ma anche del resto del Paese, dalla Lombardia alla Calabria. E quando gli alunni sono troppo piccoli per passare all’azione, ci pensano i genitori: è successo a Roma, dove una sessantina tra mamme e papà hanno occupato una scuola materna dopo che uno sciopero del personale aveva lasciato i termosifoni spenti. Ma siamo solo all’inizio e, con queste premesse, è facile prevedere che assisteremo all’ennesimo inverno "da brividi".