Aids, Amcli: "Diagnosi precoce e terapie immediate riducono i contagi"
"E’ fondamentale rafforzare la consapevolezza e attivare strategie mirate facilitando l’accesso al test", ha dichiarato Pierangelo Clerici, Presidente Associazione Microbiologi Clinici Italiani
Diagnosi precoce e trattamento immediato. Queste le vie indicate dagli esperti dell'Amcli - Associazione Microbiologi Clinici Italiani - in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids, per ridurre nuovi contagi da Hiv. "Negli ultimi anni si sono consolidate le evidenze che la soppressione della viremia determinata dalla terapia antiretrovirale azzera la trasmissione dell’Hiv. Ormai tutte le linee guida raccomandano di iniziare la terapia subito dopo la diagnosi, indipendentemente dalla situazione immunologica, virologica e clinica del paziente. I nuovi dati mostrano che l’applicazione sistematica di questo principio si accompagna a una riduzione dei nuovi casi di contagio", spiega Pierangelo Clerici, presidente Amcli e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese.
"E’ quindi fondamentale rafforzare la consapevolezza - continua Clerici - e cercare di avvicinare ai centri di diagnosi e di trattamento tutte le persone a rischio e attivare strategie mirate per fare emergere le infezioni non note aumentando l’offerta e facilitando l’accesso al test”.
I dati - Le nuove
diagnosi di infezione da Hiv riportate nel 2016 sono state 3.451, pari a 5,7 nuovi casi per 100mila residenti. Questa incidenza, sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente e in lieve flessione rispetto al 2014, pone l’
Italia a parità della Grecia al tredicesimo posto tra le nazioni dell’Unione Europea. Questi i dati illustrati dall'
Istituto Superiore di Sanità. Nel nostro Paese, le regioni con l'incidenza più alta sono state il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia.
L’incidenza maggiore è nella fascia dei
giovani maschi adulti (25-29 anni), mentre la proporzione di donne fra le nuove diagnosi è pressoché costante dal 2010 (circa il 30%).
Almeno il 40% delle persone alla prima diagnosi risulta inconsapevole di essersi esposta all’Hiv, evidenziano i microbiologi sulla base dei dati illustrati dall’Iss. "Questo dato - spiegano gli esperti - sottolinea l’importanza di aumentare la consapevolezza dei rischi e la diffusione delle informazioni sulle modalità di trasmissione dell’Hiv".
Moltiplicate le iniziative per favorire l'accesso ai test - Negli ultimi anni, fa sapere l'Amcli, si sono moltiplicate le iniziative per favorire l’accesso al test. Questo è dovuto alla disponibilità di test rapidi da usare “al di fuori dei contesti tipicamente medicalizzati". "E’ importante che questa rivoluzione nel concetto del test Hiv si accompagni con il mandato per i laboratori di fornire una conferma pronta e qualificata delle positività riscontrate con i test rapidi - sottolineano i microbiologi - in modo da consentire la presa in carico da parte dei centri di trattamento e il rapido avvio del percorso terapeutico".
La terapia antiretrovirale - La terapia antiretrovirale ha raggiunto, secondo gli esperti, "livelli di successo molto lusinghieri": "Ci stiamo avvicinando all’obiettivo
2020 dell’Unaids 90-90-90 (90% delle persone diagnosticate; 90% delle persone diagnosticate in trattamento; 90% delle persone in trattamento con replicazione virale azzerata). Sono state sperimentate nuove formulazioni dei farmaci che ne permettono una biodisponibilità più prolungata nel tempo, e quindi cadenze di somministrazione più diradate. Questo inciderà sicuramente sulla accettabilità dei trattamenti da parte dei pazienti”.
"Diviene sempre più evidente - spiega
Maria R. Capobianchi, Direttore del Laboratorio di Virologia dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma, e Membro del Consiglio Direttivo Amcl - che il successo virologico delle terapie antiretrovirali non sempre si accompagna alla normalizzazione dell’equilibrio immunitario; lo stato di infiammazione cronica che perdura, sommato all’aumento della vita media dei pazienti trattati, genera una fragilità (designato con il neologismo “inflammaging”), che richiede un attento monitoraggio dei pazienti per prevenire e trattare patologie accessorie (es. cardiovascolari) ".
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