Candele accese a Mostar, tra i più forti simboli della guerra balcanica, in memoria di Slobodan Praljak, il criminale di guerra croato bosniaco morto dopo avere ingerito in aula all'Aia del veleno mentre il Tribunale penale internazionale leggeva la conferma della sua condanna in appello a 20 anni di carcere. Da generale, Praljak aveva ordinato a fine 1993 di far saltare il Vecchio Ponte sul fiume Neretva.
Ora ricostruito, il ponte divide ancora il quartiere musulmano dal settore croato-cattolico. In quest'ultimo, alla notizia della morte di Praljak, gruppi di persone si sono riunite in suo onore.
Nelle chiese cattoliche sono state celebrate messe in suffragio per l'uomo che, in patria, molti hanno sempre considerato una vittima e un'eroe dell'idea di "Grande Croazia".
Nel frattempo le autorità olandesi hanno avviato un'inchiesta per stabilire come Praljak abbia potuto commettere il suo incredibile gesto in tribunale, se abbia ricevuto aiuto esterno per procurarsi la sostanza che verosimilmente l'ha ucciso. "Per ora l'inchiesta si concentra sulla questione del suicidio assistito", afferma la procura olandese in un comunicato che specifica di avere aperto l'indagine su richiesta del Tpi.