Nessun prefisso unico per tutti gli operatori commerciali e, soprattutto, nessuna "immunità" dalle chiamate selvagge per quei numeri che sono inseriti nel registro delle opposizioni. La stretta sullo "stalking" dei call center insomma perde pezzi da tutte le parti. Colpa di un emendamento annacquato passato alla Camera che, stando a quanto riporta il Messaggero, ha edulcorato di molto il testo originario approvato al Senato.
Le modifiche. Il testo approvato Senato era decisamente garantista per gli utenti. Al registro delle opposizioni potevano iscriversi non solo i numeri telefonici fissi, ma anche i cellulari; tutti gli operatori avrebbero dovuto utilizzare un prefisso unico, come avviene per esempio con la numerazione 800 dei numeri verdi commerciali; infine era previsto una sorta di azzeramento per tutti i consensi firmati nel tempo con gli operatori telefonici, elettrici, bancari, televisivi. L' idea era che tutti ripartissero da zero. Il provvedimento, poi, è passato alla Camera, e qualcosa è cambiato, a discapito dei consumatori. Adesso l' iscrizione al registro delle opposizioni non cancella più tutti i consensi prestati, ma solo una parte di questi lasciando operativi quelli "prestati nell'ambito di specifici rapporti contrattuali". In pratica il "reset" dei consensi introdotto al Senato salterebbe.
La conseguenza è che, anche chi si è iscritto al registro delle opposizioni potrà essere chiamato da tutte le società con le quali ha una utenza attiva. Salta anche la garanzia del prefisso unico. O meglio, diventano due: uno per le chiamate commerciali e un altro per le analisi di mercato. La norma emendata adesso dice che le compagnie possono anche usare, invece del prefisso unico, un numero identificabile e "richiamabile" con il risultato che, alla fine, potranno essere gli stessi utenti che trovano magari una chiamata non risposta a contattare di persona il call center. Infine, le aziende potranno fare chiamate anche dopo che il contratto è stato cancellato per provare a far cambiare idea agli utenti: ali operatori avranno 30 giorni di tempo dopo che il contratto è cessato per provare a fare cambiare idea al consumatore.