Il governo ha presentato in Senato l'emendamento alla Manovra sulle pensioni. La proposta prevede, tra l'altro, che nel 2019 siano esonerati dall'aumento dell'età pensionabile a 67 anni 14.600 persone impegnate in lavori "gravosi". Per il primo anno, secondo la relazione tecnica allegata all'emendamento, è previsto un costo di 100 milioni e nel triennio fino al 2021 di quasi 385 milioni.
Si prevede per il primo anno un costo di 100 milioni e nel triennio fino al 2021 quasi 385 milioni. Nella tabella della relazione tecnica si stimano gli effetti fino al 2027 quando lo stop riguarderà 20.900 lavoratori per 166,2 milioni di euro.
Quindici le categorie tutelate - Diventano 15 le categorie di "lavori gravosi" - erano 11 quelle previste nell'Ape social - che vengono esentate dall'innalzamento automatico dell'età pensionabile a 67 anni dal 2019, sia per quanto riguarda le pensioni di vecchiaia che quelle di anzianità. Lo prevede l'emendamento alla legge di Bilancio depositato dal governo in commissione al Senato. Si aggiungono infatti quattro categorie, come anticipato dal governo al tavolo con i sindacati, che sono quelle degli gli operai dell'agricoltura, della zootecnica e pesca; i pescatori dipendenti o soci di cooperativa; lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature; marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini ed nelle acque interne.
Ritocchi anche su adeguamento speranza vita - L'emendamento contiene, tra l'altro, alcuni ritocchi al meccanismo di adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita, in linea con l'esito del tavolo tra governo e sindacati (bocciato dalla Cgil). Sostanzialmente ci sono: "l'assunzione per il calcolo dell'adeguamento della media della speranza di vita nel biennio di riferimento rispetto a quella del biennio precedente"; "l'assorbimento di un'eventuale riduzione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento da portare in riduzione dell'adeguamento successivo"; "la fissazione di un limite massimo di tre mesi per ciascun adeguamento futuro, da riassorbire nell'ambito dell'adeguamento successivo qualora sia registrato un incremento inferiore". La disposizione, si precisa, vale "esclusivamente con riferimento agli adeguamenti biennali decorrenti dal 2021".