I finanzieri del Comando provinciale di Roma, coordinati dalla procura capitolina, hanno eseguito il sequestro preventivo dei sistemi di misurazione di prodotti petroliferi installati in numerosi depositi e raffinerie Eni in 13 regioni. Secondo l'accusa sarebbero stati evasi 10 milioni di euro relativamente al pagamento delle accise su 40 milioni di litri di prodotti petroliferi. In tutto ci sarebbero 18 indagati. Eni: "Noi parte lesa".
Attraverso l'esame della documentazione e dei supporti informatici sequestrati, i controlli su strada della movimentazione dei carburanti e le consulenze tecniche disposte dalla magistratura, è stato accertato il mancato pagamento delle accise.
La frode sarebbe stata realizzata con la manomissione degli strumenti di misurazione ("testate") e dei sigilli posti dall'Amministrazione finanziaria per renderli immodificabili; inoltre con la modifica delle variabili di volume, temperatura e densità dei carburanti e l'alterazione informatica delle "testate", anche "da remoto". Ciò ha comportato la commercializzazione di quantitativi di carburanti superiori a quelli realmente estratti dai depositi e risultanti dalla documentazione contabile, con la conseguente immissione in consumo di prodotti in evasione d'imposta, secondo la Finanza.
Tra gli indagati ci sono direttori, responsabili operativi e dipendenti di depositi e raffinerie, funzionari di uffici metrici, ai quali sono state contestate violazioni del testo unico sulle imposte sulla produzione e sui consumi e del codice penale. "Eni ha costantemente fornito all'autorità giudiziaria la massima collaborazione, con l'intento di chiarire le proprie ragioni a sostegno della correttezza del proprio operato": l'azienda chiede di usare i misuratori per non fermare l'attività.