Uber conferma attacco hacker: rubate informazioni di 57 milioni di utenti e autisti
La società di noleggio auto nel 2016 pagò un "riscatto" di 100mila dollari per cancellare i dati rubati
I dati di 57 milioni di utenti e autisti di Uber di tutto il mondo furono rubati nel 2016 attraverso un attacco hacker. E' stata la stessa società di noleggio ad ammetterlo. Secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg l'attacco venne tenuto nascosto e la società pagò 100mila dollari di riscatto agli hacker per cancellare i dati. Tra le informazioni rubate c'erano nomi, indirizzi mail, numeri di targa e di telefono ma non numeri di carte di credito.
Il fatto è avvenuto sotto la precedente gestione di Uber, quella che vedeva a capo
Travis Kalanick.
Dara Khosrowhahi, che ha preso le redini dallo scorso settembre ha detto "che nulla di tutto questo sarebbe dovuto accadere", criticando fortemente la scelta di mettere tutto a tacere e pagare un riscatto. "Non abbiamo scuse per questo. Stiamo cambiando il modo in cui conduciamo gli affari".
La compagnia ha fatto sapere che Kalanick venne a sapere dell'attacco nel novembre del 2016, circa un mese dopo che si era verificato. Khosrowshahi ha riferito che i responsabili sarebbero due persone che non fanno parte della società. "L'incidente non ha colpito il sistema dell'impresa né la sua infrastruttura", ha assicurato. "Al momento dell'incidente abbiamo preso immediatamente le misure per mettere al sicuro i dati e mettere fine all'accesso non autorizzato. Abbiamo identificato i responsabili e ottenuto delle assicurazioni che i dati raccolti saranno distrutti", ha aggiunto. La società ha inoltre reso noto che ha licenziato Joe Sullivan e Craig Clark, capo e vice della sicurezza.
Procuratore Ny apre inchiesta - Il procuratore dello Stato di New York Eric Schneiderman ha aperto un'inchiesta sul furto dei dati di Uber. Gli uffici di Schneiderman non hanno rivelato i dettagli sull'obiettivo esatto dell'inchiesta. Uber aveva raggiunto un accordo con la Procura di New York nel 2016 sulla protezione dei dati dei clienti. L'intesa faceva seguito a un altro atto di pirataggio informatico del 2014, per il quale Uber ha già pagato una multa di 20mila dollari per non aver rivelato per tempo il furto di dati. In qual caso la cyber-rapina aveva riguardato solo i dati degli autisti e non quelli dei clienti.
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