Le Flapper, generazione anglosassone di donne degli anni ’20, le prime a mostrare le caviglie in pubblico, ad accorciare l’orlo delle gonne e a tagliare i capelli alla maschietta, rivivono nell’omonimo brand di sofisticati copricapo, fondato dalla giovane designer italo-belga Genevieve Xhaet. Cappelli, turbanti, fasce e cerchietti, fascinosi e funzionali, realizzati con i preziosi tessuti delle Valli Biellesi, secondo la più antica tradizione artigianale. Lana, cachemire, raso, seta e gabardine s’incontrano con i materiali più inconsueti, come ad esempio tessuti spalmati, piume, specchi, laminati, filati in lurex e nylon, dando vita ad accessori per la testa, originali e scultorei, ma al tempo stesso delicati ed avvolgenti, dalla morbida vestibilità.
Genevieve Xhaet, con le sue piccole costruzioni di alta sartoria, mette in scena una sapiente fusione tra moda e arte, traendo spesso ispirazione dalle opere di grandi menti creative, quali Lynda Benglis, Enzo Mari, Ettore Sottsass.
Al centro della sua produzione i turbanti, attualizzati con ironia e praticità, per la donna urbana contemporanea, che porta avanti con orgoglio l’eredità delle flapper anni ’20: ragazze dalla femminilità spiccata e irriverente, il carattere forte e determinato, lo charme di una bellezza senza tempo.
Genevieve, com’è nata la tua passione per la creatività? Ricordi un episodio significativo che ti abbia fatto capire di appartenere al mondo della moda?
A dodici anni, guardando i documentari di RaiSat Art su Nan Goldin e Lee Miller.
Qual è stato il tuo percorso formativo e come riassumeresti le tappe decisive della tua carriera?
Ho studiato alla Marangoni di Milano e subito dopo mi sono catapultata nel mondo della moda, lavorando per anni al fianco di Pierangelo D'Agostin per le linee Jil Sander, Hlam e molti altri marchi.
Quando e com’è nato il brand Flapper? Come mai hai scelto di non utilizzare il tuo nome per firmare le tue creazioni?
Flapper è nato nel 2013. Leggendo Francis Scott Fitzgerald, mi sono innamorata della figura della moglie Zelda ed ho iniziato a studiare la sua persona. Ricordo ancora il fremito di quando finalmente ho preso in mano il suo romanzo, “Save Me the Waltz". Partendo dalla sua storia, ho proseguito il mio percorso alla ricerca di donne per me speciali. L’ispirazione per ogni mia collezione nasce proprio da loro, le flapper di ieri, oggi e domani. È inoltre una parola breve ed efficace, che porta con sé il suggestivo riferimento all'uccellino che sbatte le ali, mentre sta imparando a volare, richiamando alla mia memoria la frase di Neil Young: “There you stood on the edge of your feather, Expecting to fly” .
Come mai il copricapo? Cosa rappresenta per te questo accessorio?
Mi sono innamorata dei copricapo disegnando le collezioni per lo storico cappellificio Barbisio, dove ho avuto anche l’opportunità di seguire in prima persona l’intero processo di manifattura. Ritengo che sia un accessorio indispensabile per completare il look di chi lo indossa, esaltandone la personalità.
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Quali sono gli elementi distintivi che definiscono e rendono uniche le tue creazioni?
La manifattura e l’incessante ricerca dei materiali. Tutti i miei copricapo, infatti, nascono dalle mani esperte di abili artigiane, capaci di fondere in perfetto equilibrio ed armonia tessuti classici e contemporanei.
Cosa indosseremo nell’inverno 2017? Quali sono le caratteristiche della tua collezione FW e le principali fonti di ispirazione?
La collezione FW17 è dedicata all’artista visiva Lynda Benglis, famosa per aver messo in discussione negli anni ’70 gli stereotipi di genere sessuale. Tutti i modelli vogliono rendere omaggio alle sue opere scultoree, con avvitamenti e contorsioni, che rendono questi copricapo impalpabili e fascianti al tempo stesso. Il must è un cappello che riproduce la forma di un lungo triangolo, realizzato in maglia, utilizzando uno splendido filato in cachemire Loro Piana, che si può avvolgere a piacimento intorno al capo. I turbanti sono in fresco di lana, tessuti lavorati o tricot. Infine i cerchietti sono decorati con piume o elementi in alluminio dai colori fluo.
Come definiresti le “Flapper di oggi”?
Le Flapper di oggi, a distanza di quasi cento anni, hanno, in fondo, le stesse caratteristiche di Zelda: indipendenti e con le “spalle larghe”.
Il turbante, accessorio dall’inconfondibile fascino rétro che però, nelle tue collezioni, si veste di una sorprendente contemporaneità metropolitana…qual è il segreto?
Il segreto sta nei materiali e nella modellistica. Quest’anno, ad esempio, ho fotografato dei tessuti lavorati a telaio e quelle immagini sono state poi stampate su un moderno nylon impermeabile. Tutti i materiali che utilizziamo sono di altissima qualità e provengono esclusivamente dal distretto biellese, mia terra natale, patria dei tessuti più pregiati. I miei copricapo sono realizzati interamente a mano, utilizzando le tecniche artigianali, secondo la tradizione del puro Made in Italy.
Che cosa ti ispira?
L’arte e il design rappresentano per me una ricca fonte di ispirazione. Alcuni dettagli delle mie collezioni nascono proprio dalle mostre che visito.
Dal 2016 supporto il mio fidanzato nelle attività di INCURVA, associazione che promuove la ricerca e la produzione di arte contemporanea in Sicilia.
Chi sei quando non vesti i panni della designer? Passioni e interessi nel tempo libero?
Mio padre era un olimpionico di sci e mi ha trasmesso sin da bambina l’amore per questo sport. Amo la montagna, grazie a lui e ai libri di Carlo Mollino, "sciatore appassionato dall'estetica perfetta di curve mirabolanti”.
Quest’anno hai partecipato al progetto Chrome X con l’artista milanese Alessandro Agudio, hai inoltre presentato una capsule collection per la Resort 2018 di Emmanuel Ungaro. E adesso, cosa sogni per il futuro?
Chrome X, presentato per la scorsa MFW alla galleria MEGA, è un progetto a cui sono legata in modo particolare, anche con uno sguardo rivolto al domani. Esso inaugura infatti un ciclo di collezioni pensate insieme ad artisti emergenti. Il mio futuro guarda ad est, verso il Giappone.