APPALTI ROMEO

Napoli, corruzione: arrestati Alfredo Romeo e il dg del Cardarelli

L'imprenditore, già indagato nell'inchiesta Consip, e Ciro Verdoliva sono finiti ai domiciliari. Il manager dell'ospedale partenopeo è accusato anche di abuso d'ufficio

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La magistratura di Napoli ha disposto una misura cautelare nei riguardi di 16 persone per reati che vanno dalla corruzione alla frode. Tra i destinatari del provvedimento figurano l'imprenditore Alfredo Romeo e il direttore generale dell'ospedale Cardarelli di Napoli, Ciro Verdoliva. Per entrambi sono stati disposti gli arresti domiciliari.

L'inchiesta della magistratura di Napoli ruota intorno alla figura dell'imprenditore Alfredo Romeo e riguarda tre diversi filoni di ipotesi corruttive, relativi ad appalti riconducibili all'ospedale Cardarelli di Napoli, al Comune di Napoli e alla Soprintendenza per i beni culturali di Roma.

Verdoliva è accusato di abuso d'ufficio e corruzione in atti d'ufficio. L'inchiesta è dei pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Francesco Raffaele, con la supervisione dell'aggiunto Filippo Beatrice. Sotto la lente dei magistrati della Dda di Napoli ci sarebbero gare d'appalto che si ipotizzano truccate. Ad eseguire la misura cautelare sono stati i carabinieri del comando provinciale di Napoli.

Non ci sarebbero legami tra questa inchiesta e l'indagine Consip che ha visto l'imprenditore Alfredo Romeo arrestato il 1 marzo scorso. Romeo era tornato in libertà il 16 agosto dopo l'annullamento della misura cautelare da parte del Tribunale del Riesame di Roma. A Romeo sono contestati otto capi di imputazione in particolare relativi a presunti episodi di corruzione.

Sono stati disposti gli arresti domiciliari anche per Giovanni Annunziata, ex direttore generale dell'ufficio patrimonio del Comune di Napoli, e per Ivan Russo, collaboratore dell'imprenditore Romeo. Nei confronti di altri 12 indagati sono state disposte misure interdittive. Tre queste ultime figurano quelle a carico di Emanuele Caldarera, direttore generale al ministero della Giustizia e a carico di Rossella Pesoli, funzionaria della soprintendenza archeologica delle belle arti di Roma.