UNA STANZA NASCOSTA

Egitto, scoperta una misteriosa cavità nella piramide di Cheope

Per l'esplorazione è stata utilizzata una particolare tecnica che si basa sulla fisica delle particelle: la muografia

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Una grande cavità all’interno della piramide di Cheope, la più grande e antica delle tre che si trovano nella piana di Giza. Una cavità lunga almeno 30 metri e posta al di sopra della Grande Galleria. Una stanza segreta? Forse, che funzione avesse ancora non è chiaro. È la scoperta del team di ricercatori del progetto internazionale ScanPyramids. La ricerca - pubblicata sulla rivista Nature - è frutto di un lavoro di due anni. Per l’esplorazione è stata utilizzata una tecnica molto particolare: la muografia, che si basa sulla fisica delle particelle.

La cavità - Secondo quanto affermato dagli scienziati, la cavità - simile per dimensione alla Grande Galleria - potrebbe avere una disposizione orizzontale o leggermente inclinata e potrebbe essere composta da una o più strutture. Nell’ottobre 2016, nella piramide di Cheope, un’altra anomalia aveva portato alla scoperta di un corridoio localizzato vicino alla parete nord.

La muografia - La muografia permette di “leggere” il cammino dei muoni, particelle subatomiche prodotte dall'interazione dei raggi cosmici provenienti dallo spazio con l'atmosfera terrestre. La direzione dei muoni cambia se si muovono nell’aria o se attraversano le pietre. Grazie allo studio delle loro traiettorie, dunque, è possibile svelare la presenza di cavità. Una tecnica innovativa

La piramide di Cheope - La piramide di Cheope è alta 146 metri e ha un diametro di 230 metri. Fu costruita durante il regno del faraone da cui prende il nome (2509-2483 a.C). Finora, della piramide, erano note tre camere: la camera della regina, quella sotterranea e la camera del re. Poste a differenti altezze e collegate da diversi corridoi - il più imponente dei quali è la Grande Galleria - le camere sono tutte orientate secondo la direzione nord-sud. Ancora non è chiaro in che modo sia stata costruita. “Stiamo provando a capirlo”, ha detto Hany Helal, dell’Università del Cairo e membro del team.