La verità sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore universitario ucciso in Egitto nel 2016, potrebbe essere stata nascosta dalla professoressa che gli aveva commissionato la ricerca a Il Cairo, Maha Mahfouz Abdelraham. Tanto che la Procura di Roma ha chiesto per la donna, di origine egiziana e docente all'Università di Cambrigde, una rogatoria per interrogare la professoressa e acquisire i suoi tabulati telefonici.
Secondo un'inchiesta di Repubblica, infatti, la Abdelraham si è più volte sottratta alle richieste dei magistrati romani di deporre come teste nell'inchiesta sulla morte di Regeni, e nel 2016 si era rifiutata di consegnare telefoni, computer e supporti informatici agli investigatori italiani. Durante un colloquio con il sostituto Sergio Colaiocco si era invece limitata a raccontare una storia che ora gli inquirenti ritengono "annacquata" per non far emergere sue presunte responsabilità nella scelta e nella conduzione della ricerca in Egitto da parte di Giulio.
Qualche mese dopo, sottolinea poi il quotidiano, la professoressa si rifiutò di rispondere ad altre domande in rogatoria del pm, inviando invece una mail alla polizia inglese perché la trasmettesse alla Procura romana. Nella missiva spiegava che Regeni "aveva identificato la professoressa Rahab Al Mahdi presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'American University al Cairo come supervisore con cui voleva lavorare. Io conoscevo la Rabab Al mahdi e mi dissi d'accordo perché ritenevo la proposta di Giulio appropriata".
Le cose però, secondo gli investigatori italiani, non andarono proprio così. Dal computer di Regeni, infatti, gli investigatori hanno recuperato alcune chat su Skype nelle quali il ricercatore, parlando in dialetto friulano con la madre, esprime i propri dubbi e i propri timori sul tema della ricerca, che "Maha insisteva che lo fasesi mi". E già qui vengono contraddette le dichiarazioni della professoressa, secondo la quale era stato invece Giulio a chiederle di assisterlo nella ricerca sui sindacati indipendenti egiziani. In un'altra chat, Regeni parla poi della scelta della tutor egiziana: "Ela (cioè sempre la Abdelraham, ndr) me ga proposto Rabab El Mahdi". E qui emerge la seconda contraddizione: sarebbe quindi stata la Abdelraham a indicare a Giulio chi doveva essere la sua tutor, e non viceversa. Tanto che il ricercatore friulano prosegue nella chat dicendo di aver "fatto il codardo" esprimendo i suoi dubbi perché la Mahdi era un'attivista e aveva molta (forse troppa) visibilità. A questo punto, secondo la trascrizione della chat, la Abdelraham "la xe rimasta mal", aggiungendo sarcastica che forse avrebbe dovuto affiancare a Giulio "qualcuno che fa parte del governo". Regeni allora ingoia il rospo e accetta la tutor-attivista.
Infine, secondo i magistrati romani, la professoressa ha omesso qualche dettaglio sul suo incontro con Regeni il 7 gennaio 2016 a Il Cairo. Quel giorno, lo stesso - ricorda Repubblica - in cui l'ambulante Mohammed Abdallah lo avrebbe filmato e registrato di nascosto con una telecamera e una cimice fornite dal servizio segreto del governo egiziano, la donna dice di aver visto Giulio solo per un incontro "veloce" perché era "di passaggio per far visita ai miei familiari". Mentre lo stesso giorno Regeni raccontava alla madre in chat che la professoressa si era sorpresa per quanto era riuscito a fare in così poco tempo. Quindi, evidentemente, il ricercatore le aveva consegnato (e insieme avevano discusso approfonditamente) i 10 report che Giulio, scrivono i magistrati italiani "aveva redatto tra il 29 ottobre e il 18 dicembre 2016 dopo altrettanti colloqui e pomeriggi passati con i rivenditori ambulanti". Ma la professoressa di Cambridge di quei documenti non fa menzione, parlando di un incontro "veloce" che invece, a quanto pare, tanto veloce non fu.
Cambridge: "Ex tutor di Giulio disponibile a collaborare" - Ora la Procura di Roma vuole dunque capire su che altro la professoressa Abdelraham abbia taciuto, e soprattutto per quale motivo abbia mentito nelle sue ricostruzioni: la sua testimonianza potrebbe infatti finalmente gettare una nuova luce sulla vicenda. La professoressa si dice pronta a "collaborare appieno con i procuratori italiani". Un portavoce dell'ateneo britannico assicura che la docente ha "manifestato ripetutamente" questa sua intenzione.