A vent’anni da "Orlan a Roma 1964-1996", l’artista e performer francese Orlan - nota per la sua radicalità, per il coraggio e per l'innata capacità di cavalcare lo spirito dei tempi - torna nella Capitale in una veste inedita: in 3D. La mostra "VideORLAN - Technobody" - al Macro di Roma dal 25 ottobre al 3 dicembre 2017 - è caratterizzata da un sorprendente uso del digitale, frutto del recente affacciarsi dell'artista a una realtà virtuale apparentemente opposta e simmetrica alla carnalità dei lavori che hanno caratterizzato il suo percorso precedente.
La mostra - L’esposizione - a cura di Alessandra Mammì, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e realizzata in collaborazione con Villa Medici e con Studio Stefania Miscetti - ripercorre l’intera avventura artistica di Orlan, dalle prime sculture fotografiche, alle performance registrate su video, fino alle ultime opere che usano la realtà aumentata e il 3D. Per la prima volta in Italia, inoltre, sarà sperimentato “Expérimentale Mise en jeu”, un videogioco con installazione interattiva, in cui Orlan parte dalle rovine per sfidare il visitatore a ricostruire il mondo.
Opere - In mostra, inoltre, “Self-hybridations”, la recente serie di opere di realtà aumentata che, a partire dalle maschere dell'Opera di Pechino, trasforma Orlan in un avatar in 3D che salta acrobaticamente fuori dal quadro, occupando iPad e smartphone dei visitatori. L'opera è portatrice di un messaggio politico che contesta le regole del teatro lirico nazionale cinese, nel quale il palcoscenico è ancora vietato alle donne. E ancora “MèsuRages” (1968-2012), alcune azioni in cui Orlan usa il proprio corpo come unità di misura riprendendo al femminile la massima pitagorica che "l'uomo è misura di tutte le cose". Si tratta ancora di una scelta politica, atta a esprimere la sua rabbia e la volontà di restituire al corpo femminile un potere di controllo e occupazione di spazio.
Il digitale - Per la performer francese, il digitale rappresenta un modo diverso di costruire le immagini e di traghettare i temi cult della sua arte (il corpo, la sessualità, gli stereotipi di bellezza, le imposizioni culturali, politiche, religiose, e l’ampia simbologia che va dalla metamorfosi all’ibrido) verso universi più impalpabili, ma non meno potenti.