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Yara, le motivazioni dei giudici: "Il Dna è di Bossetti, delitto dai contorni sessuali"

Per i giudici della Corte d'appello di Brescia, nelle motivazioni della condanna all'ergastolo del muratore di Mapello, il movente "può essere circoscritto nell'area delle avances sessuali respinte"

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La prova del Dna che ha portato all'ergastolo Massimo Bossetti per il delitto di Yara Gambirasio è valida perché "non sono stati violati i principi del contraddittorio e delle ragioni difensive". Lo scrivono i giudici della Corte d'assise d'appello di Brescia nelle motivazioni della sentenza che conferma il carcere a vita per il muratore di Mapello. "Un'eventuale perizia - si legge - consentirebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale".

"Non solo l'imputato è raggiunto dalla prova granitica" del Dna "diretta in quanto rappresentativa direttamente del fatto da provare, collocandolo sul luogo dell'omicidio" ma anche "da una serie di elementi indiretti che uniti tra di loro consentono di giungere a una sicura affermazione di responsabilità", scrivono i giudici, precisando che l'attenzione dei media sul caso non ha influito sulla "regolarità e la serenità del processo giudiziario".

Le finalità dell'aggressione a Yara, continuano i giudici, furono "dai contorni sessuali" e il movente che ha spinto Massimo Bossetti a uccidere Yara "può essere circoscritto nell'area delle avances sessuali respinte, della conseguente reazione dell'aggressore a tale rifiuto, unita al sicuro timore dello stesso di essere riconosciuto per aver commesso nei confronti della ragazza qualcosa di grave". Secondo la ricostruzione fatta dai giudici, il pomeriggio del 26 novembre 2010 Bossetti "stava bighellonando senza gran costrutto e non voleva evidentemente tornare subito a casa dove lo aspettavano i solito incombenti familiari" e l'uscita dalla palestra di alcune ragazze "deve aver esercitato su di lui un indubbio richiamo". Senza contare che il muratore provava un "insistente e perdurante interesse per le adolescenti in era puberale".

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