"Due virus isolati dai militari cinesi sono parenti stretti del Covid"
Il giornalista Fabrizio Gatti, inviato de L'Espresso, ricostruisce 14 mesi di pandemia con carte e documenti. Dai quali emergono inquetanti ombre sull'origine del virus: come ipotizzato quasi un anno fa dal nostro direttore Paolo Liguori, potrebbe essere sfuggito al controllo durante un esperimento
Due virus Sars-like dei pipistrelli, nome in codice ZC45 e ZXC21, conservati nei laboratori militari cinesi, sono i parenti stretti, se non addirittura i "genitori", del Sars-CoV-2. Il coronavirus. A scriverlo, in un libro shock che ricostruisce con carte e documenti i 14 mesi di pandemia aprendo inquetanti dubbi sulla sua origine, è Fabrizio Gatti, inviato de L'Espresso. Che rilancia così l'ipotesi del nostro direttore, Paolo Liguori, che per primo ha parlato mesi fa della creazione in laboratorio del virus.
Nel suo libro "L'infinito errore", infatti, Gatti scrive che "quando il 5 gennaio 2020 Zhang Yongzhen ed Edward Holmes depositano per la prima volta al mondo la sequenza genetica contenuta nel filamento di Rna del virus che sta facendo ammalare gli abitanti di Wuhan, tracciano l’albero filogenetico e scoprono che WHCV, come chiamano il nuovo coronavirus umano, ha due parenti molto stretti tra i coronavirus Sars-like. Sono i virus ZC45 e ZXC21".
Passa qualche settimana, e un altro scienziato, Shi Zhengli sostiene, ricostruisce Gatti, "di aver scoperto un nuovo coronavirus dei pipistrelli evolutivamente più vicino al virus umano che si sta diffondendo a Wuhan", il RaTG13. E lo stesso giorno "la professoressa dell’Istituto di virologia di Wuhan deposita il genoma del coronavirus umano isolato da cinque pazienti. Oltre a RaTG13, i due parenti più stretti sono sempre ZC45 e ZXC21".
Com'è possibile? La risposta va cercata negli anni tra il 2015 e il 2017, quando gli scienziati della Terza Università medica militare di Chongqing e del Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino "frequentano le aree infestate dai pipistrelli nel distretto di Dinghai e nella contea di Daishan, intorno alla città-arcipelago di Zhoushan. Vi lavorano per mesi, ai confini settentrionali della provincia di Zhejiang, da cui proviene gran parte della comunità cinese in Europa e in Italia". E qui gli studiosi catturano e studiano 334 pipistrelli Rhinolophus sinicus alla ricerca di coronavirus.
I ricercatori, continua quindi Gatti, spiegano poi di "essere riusciti a riconoscere e decifrare il filamento di Rna completo di due nuovi coronavirus Sars-like mai scoperti prima. Li chiamano SL-CoV ZXC21, prelevato da un pipistrello catturato nel luglio 2015, e SL-CoV ZC45, ricavato da un esemplare preso nelle reti nel febbraio 2017. I due nuovi coronavirus dei pipistrelli condividono tra loro un’identità del 97 per cento. Il gruppo guidato da Wang Changjun, che lavora sia per la Terza Università medica militare sia per il Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino, e da Youjun Feng, giovane professore della Scuola di medicina dell’Università di Hangzhou nello Zhejiang, si spinge oltre".
Prima, ricostruisce Gatti, "prova a far replicare e a isolare il virus da una coltivazione di cellule renali di una scimmia ma fallisce. Allora, al chiuso di un laboratorio di livello Bsl-3, gli autori di questo studio militare infettano alcune comunità di cuccioli di ratti nati da tre giorni". E nelle conclusioni dell'esperimento scrivono che "i coronavirus Sars-like derivati dai pipistrelli possono replicarsi con successo nei ratti da latte" e possono "contagiare specie diverse".
Insomma, conclude Gatti, i virus SL-CoV ZXC21 e SL-CoV ZC45, di cui i pipistrelli sono portatori sani, "possono immediatamente diffondere la loro infezione ai ratti senza necessità di adattamenti o mutazioni. E' un nuovo salto di specie provocato non dalla casualità dell’evoluzione naturale ma dalla competizione fra scienziati".