Le prime due fiducie sul Rosatellum bis passano senza problemi alla Camera, mentre fuori dall'Aula le opposizioni protestano. Al primo test il governo incassa 307 sì (e 90 no), al secondo 308 sì (e 81 no). "La melma del Paese non torni in alto", dice Grillo. E D'Alema attacca: "Legge inaccettabile, la dirigenza del Pd logora la democrazia". Anche Napolitano critica lo stop al dibattito. Tensione nei Dem in vista del voto finale previsto per giovedì.
Il Rosatellum supera dunque i primi due scogli, ma il momento della verità è previsto per giovedì. In mattinata si voterà l'ultima delle tre fiducie chieste dall'esecutivo ma, soprattutto, in serata ci sarà il voto finale con possibile scrutinio segreto. In casa Pd fanno di conto: sulla carta ci sono circa 420 voti a favore, dunque ci vorrebbero un centinaio di franchi tiratori. Non pochissimi e, soprattutto - in un solo voto - più facilmente "controllabili" e identificabili.
In Aula nessun sussulto, banchi perennemente semi vuoti. Come annunciato, sia Lega sia Forza Italia ribadiscono che non voteranno la fiducia ma daranno il loro sostegno al provvedimento. Non succede molto anche perché gli oppositori del Rosatellum bis hanno deciso di "spostare" la protesta nelle piazze.
Davanti a Montecitorio il M5s, a piazza del Pantheon Sinistra italiana ed Mdp. Ed è proprio il partito degli ex scissionisti a decretare, se ancora fossero rimasti dubbi, il proprio scollamento dalla maggioranza che sostiene il governo. In Aula Alfredo D'Attorre parla di "distanze incolmabili" ormai non più soltanto sui temi economici. E dice a Paolo Gentiloni di "aver perso la faccia" chiedendo la fiducia sulla legge elettorale. Anzi di più, insinua che Matteo Renzi lo abbia fatto apposta per "macchiare" il curriculum del premier.
Fuori, i toni non sono da meno. Massimo D'Alema sostiene: "Gentiloni è più mite del suo predecessore ma politicamente dipende da Renzi". E Pier Luigi Bersani ricorda a Forza Italia che con una cifra come quella raccatta dall'esecutivo (308, per la precisione) cominciò l'inizio della fine del governo Berlusconi nel 2011.
Luigi Di Maio annuncia una "veglia per la democrazia in piazza". Il M5s paragona il Pd al Mussolini della legge Acerbo e promette di bissare la mobilitazione al Senato se il Rosatellum dovesse superare la prova del voto finale segreto. Per l'occasione, è atteso anche Beppe Grillo a Roma. Alle accuse replica il segretario dem, Matteo Renzi. La fiducia - dice - può essere discutibile, ma non c'è stato alcun colpo di mano, non è un colpo di Stato ed è "assurdo" parlare di fascismo, bisognerebbe ricordare che "la usò anche Alcide de Gasperi".
Ma non è soltanto dalle opposizioni che arriva una censura contro la legge elettorale in votazione alla Camera. Un monito, pesante, porta la firma dell'ex Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che in una nota mette nero su bianco le sue perplessità e annuncia, sin da ora, l'intenzione di prendere la parola in Senato quando il Rosatellum approderà lì. E lo farà, spiega, "per mettere in luce l'ambito pesantemente costretto in cui qualsiasi deputato oggi, o senatore domani, può far valere il suo punto di vista e le sue proposte, e contribuire così alla definizione di un provvedimento tra i piu' significativi e delicati".