AL TEATRO MANZONI DI MILANO

Luca Barbareschi "La mia anatra all'arancia sulla tragedia del vivere insieme"

Il regista racconta a Tgcom24 lo spettacolo in scena al Teatro Manzoni dal 12 al 29 ottobre

di Antonella Fagà

© ufficio-stampa

"L'anatra all'arancia? Una bellissima commedia romantica sulla tragedia del vivere insieme". Così Luca Barbareschi racconta a Tgcom24 lo spettacolo di cui è regista, oltre che interprete accanto a Chiara Noschese, in scena al Teatro Manzoni dal 12 al 29 ottobre: "E' un capolavoro di comicità...".

Si ride "con raffinatezza", spiega Barbareschi, che definisce il testo di William Douglas Home, di cui la versione teatrale francese di Marc Gilbert Sauvajon, uno dei "capolavori di comicità".

Perché proprio "L'anatra all'arancia"?
Questa commedia, che alcuni hanno definito erroneamente una farsa, ha una profondità e un’intelligenza straordinarie. E' una sorta di ideale trasformazione in positivo e con tempi comici di ‘Chi ha paura di Virginia Woolf?’, di cui ha la stessa potenza e una struttura narrativa molto divertente, che mi ha dato la possibilità di creare un bellissimo cast di attori molto bravi, come Chiara Noschese, una vera fuoriclasse. Ma anche gli altri, Ernesto Mahieux, Gerardo Maffei e Margherita Laterza, perché offre personaggi molto potenti e profondi. E' una tragedia che fa molto ridere, perché la vita fa ridere, perché è tragica.

Qual è il contributo di Barbareschi?
La traduzione e la regia, che sembra un compito facile ma che in realtà è molto difficile, perché bisogna saper lavorare sulla materia, dirigere gli attori, creare delle dinamiche sul palco che a loro volta creino empatia con il pubblico trasmettendogli un racconto. Cosa che non molti fanno in Italia, che è una delle ragioni per cui il teatro va male...

E qual è il tema che emerge dallo spettacolo?
L’anatra all'arancia è una bellissima storia universale di un uomo e di una donna e di come il protagonista, Gilberto, che interpreto io, si inventa un modo per riconquistare la moglie, che è Chiara Noschese, che lo ha tradito e che amava, architettando un piano per dimostrarle che lui è il suo unico amore anche dopo 25 anni. Si ride con molta raffinatezza in quella che è secondo me una commedia romantica sulla tragedia del vivere insieme. C'è una frase nel testo che dice: dopo 30 anni di matrimonio dovrebbe essere proibito per legge divorziare. Ed è qui il fulcro di tutto, perché la reale difficoltà non è innamorarsi ma costruire per 30/40 anni un rapporto insieme. A un certo punto Gilberto dice alla moglie Lisa: 'Noi due' non sarà mai perfetto, ma sarà 'noi due'. Ovvero nessuno raggiunge la perfezione ma si può cercare di raggiungerla insieme, questa la fatica vera.

Nel 1973, a portare sul palcoscenico questa brillante commedia, è stato Alberto Lionello a fianco di Valeria Valeri, e celebre è anche la versione cinematografica che vantava l’interpretazione di Ugo Tognazzi e Monica Vitti, nei panni della coppia protagonista con la regia di Luciano Salce. Ma Barbareschi non ha voluto rifarsi ai vecchi modelli, anche se ammette di ritrovarsi negli straordinari artisti che prima di lui hanno affrontato questi ruoli, per tempi comici e per il sottile cinismo: "Sono felice di mantenere la tradizione riprendendo un modello che è diventato un cult. Del resto la comicità è una medicina meravigliosa per elaborare il “dolore". E fa una promessa: "Non vi farò rimpiangere Lionello".

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