“Tutto ciò che concerne Venezia è o fu degno d’osservazione; il vederla fa l’effetto di un sogno, i suoi annali sono un romanzo” scriveva Lord Byron. Ed è proprio la Serenissima amata dal poeta inglese durante il suo soggiorno nella laguna (dopo che era fuggito dall’Inghilterra per debiti e per troppi amori scandalosi), che è oggetto d’indagine della mostra intitolata Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia. Oltre 130 opere sono esposte dal 29 settembre 2017 al 2 aprile 2018 negli spazi al pianterreno delle Gallerie dell’Accademia di Venezia che per l’occasione festeggiano anche il bicentenario della loro apertura.
Con la Pinacoteca di Brera e l’Accademia di Bologna, le Gallerie dell’Accademia costituiscono, nel panorama italiano del primo Ottocento, uno dei casi più importanti di museo di origine politica, nato in stretta connessione con le vicende storiche che videro in quegli anni Venezia, ormai priva della sua millenaria autonomia, decadere al ruolo di oggetto di scambio tra le potenze europee. Con le soppressioni delle congregazioni religiose e delle magistrature pubbliche veneziane, a Venezia fu confiscata una quantità enorme di opere d’arte provenienti da palazzi pubblici ed edifici di culto. Tra queste, una selezione di capolavori venne inviata a Parigi per essere esposta al Louvre assieme alle più rappresentative testimonianze d’arte mondiale mentre altre opere approdarono in altre città europee. Ad esempio, nel percorso della mostra, organizzato in dieci sezioni, spicca la riunione e il ritorno, dopo duecento anni, della serie di manufatti inviati nel 1818 alla corte di Vienna per il quarto matrimonio dell’imperatore Francesco I e noti come l’“Omaggio delle Provincie Venete”: la Musa Polimnia di Canova, dipinti, gruppi scultorei, due are e altrettanti grandi vasi di marmo, un tavolo realizzato in bronzo e legno con il piano ricoperto da pregiati vetri di Murano e preziose rilegature, opera dei migliori artisti e artigiani veneti del tempo, rappresentanti della più alta e unitaria produzione artistica del Neoclassicismo veneto.
Nel 1815 sono ritornati da Parigi anche i quattro cavalli di San Marco, monumentale opera scultorea che oggi è uno dei simboli della città. Il regista indiscusso di questa favorevole congiuntura fu il conte Leopoldo Cicognara, intellettuale illuminato e presidente dell’Accademia di Belle Arti, che insieme all’amico Antonio Canova (morto proprio a Venezia nel 1822) e a Francesco Hayez (che in quello stesso 1822 decise di trasferirsi a Milano), lavorò per dare vita ad un museo di rilievo internazionale, capace di valorizzare lo straordinario patrimonio artistico della Serenissima, promuovendo allo stesso tempo l’arte contemporanea.