Il Fondo monetario internazionale sostiene che la crescita dei salari nominali in molte economie avanzate – l'elenco (ovviamente) include anche l'Italia – rimane “decisamente” sotto i livelli precedenti la crisi economica.
Quali sono le cause? L'FMI ne indica diverse: i salari sono cresciuti in modo contenuto laddove si registrano i tassi più alti di lavoro part-time involontario – quella condizione che, secondo gli analisti del FMI, interessa gli occupati che lavorano meno di 30 ore a settimana perché non sono riusciti a trovare un impiego full-time –, di una “accresciuta quota” di contratti di assunzione a tempo e di un calo delle ore lavorate.
L'occupazione part-time involontaria ha comunque contribuito “a dare sostegno alla partecipazione della forza lavoro”, data dalla somma degli occupati e dei disoccupati. Mentre l'automazione, che sembra avere avuto un impatto minore. Ciò non esclude comunque che in futuro la sua incidenza potrebbe aumentare.
I dati, infine. Nonostante i recenti miglioramenti sul fronte occupazionale, in Italia le retribuzioni orarie hanno registrato una contrazione delle crescite del 3% circa nel 2016 rispetto ai lavori medi del 2000-2007. A crescere è stato tanto il part-time involontario quanto il lavoro a tempo determinato.
Rispetto al 2000-2007 la quota di lavoro part-time involontario nel nostro Paese è cresciuta dell'8% nel 2016. In nessun'altra economia l'FMI ha registrato un aumento più alto: neanche in Spagna (circa +7,5%), Grecia e Irlanda (entrambe a +5% circa) e Francia (+4% circa) dove gli incrementi sono stati comunque consistenti.
Altrove, le cose sono andate diversamente: in Germania, le assunzioni part-time involontario sono diminuite dell'1% circa.
Ad aumentare, in Italia, sono stati anche i contratti a tempo determinato, dove rispetto ai livelli precedenti la crisi economica, la quota è cresciuta di circa il 3%, un po' più che in Germania (+2,5% circa) e un po' meno che in Francia (+4%).
Secondo l'FMI, l'incremento del lavoro part time e a tempo determinato “riflette, in parte” lo spostamento dell'occupazione in prevalenza verso i settori dove predomina la componente flessibile.
“Tuttavia è minore l'evidenza del fatto che lo spostamento settoriale sia la causa della debole crescita dei salari”. Lo studio registra invece che “la fragilità del mercato del lavoro, unita alla debole crescita della produttività, sia la principale forza che pesa sulla crescita delle retribuzioni”.