“L’Arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria” dichiarava a gran gola il visionario e, col senno di poi, veggente Depero nei primi decenni del XX secolo. Come dargli torto? Basta guardarci intorno. È la Pubblicità la protagonista della grande mostra in programma dal 9 settembre al 10 dicembre 2017 nei saloni della Fondazione Magnani-Rocca, la ex sontuosa dimora di Luigi Magnani o ‘Villa dei Capolavori’ a Mamiano di Traversetolo presso Parma.
“Volete la salute? Bevete il Ferro China Bisleri” recitava il primo slogan sulla “Tribuna Illustrata” del 22 giugno 1890. Da lì in poi il cammino è stato veloce e ricco di grandi momenti, ma, soprattutto, da subito la pubblicità si è avvalsa della collaborazione di grandi artisti e delle loro geniali intuizioni: da Lautrec a Depero, da Dudovich a Nizzoli.
In Italia sono tanti gli artisti che si sono prestati alla pubblicità. Tra i primi c’è il già citato Depero che nel 1926 aveva esposto alla Biennale di Venezia un quadro che possiamo definire “pubblicitario”: Squisito al selz (alcuni tavolini di un bar, degli avventori, un sifone del selz e la grande scritta “Campari”). Nel 1931, dopo essere stato a New York, aver lavorato con Vogue e Vanity Fair, il vulcanico Depero pubblica Il futurismo e l’arte pubblicitaria, dove di fatto parla della pubblicità come di un’arte e dell’arte come una pubblicità: "Tutta l’arte dei secoli scorsi è improntata a scopo pubblicitario". Insomma, un tempo l’arte era a servizio dei governanti o delle chiese, ora i nuovi committenti sono gli industriali.
Affiche, cartelloni, insegne luminose, immagini colorate e accattivanti campeggiano sui muri dei palazzi urbani dando vita a quello che è stato definito il “Museo della strada”, fatto di immagini, slogan, colori e tanta capacità persuasiva. Marchi celeberi, alcuni ancora oggi, quali Barilla, Campari, Cinzano, Motta, Pirelli; scuole (le grafiche Ricordi, Richter, Chappuis …); le prime agenzie pubblicitarie (Maga, Acme Dalmonte etc..) e, appunto, i grandi maestri (fra i quali, Cappiello, Dudovich, Mauzan, Codognato, Carboni, Nizzoli, Testa) hanno dato vita a una sinergia che ha fatto della pubblicità oltre che una gigantesca macchina economica anche una fucina della creatività e le duecento opere raccolte per la mostra lo confermano. L’esposizione non tralascia nemmeno i nuovi strumenti di comunicazione che si affacciano dal 1920 in poi, la radio prima e poi la televisione fino al giorno in cui nacque Carosello, il primo passo verso un’altra storia.