La Corte d'Appello di Trieste ha obbligato un padre a corrispondere un assegno mensile di 350 euro alla figlia, fuoricorso all'università. L'uomo, separato dalla madre della ragazza, aveva ridotto la "paghetta" a 20 euro alla settimana: motivo che ha indotto la 26enne a citarlo in giudizio e a chiedere 2.500 euro al mese. Già il Tribunale di Pordenone aveva imposto all'uomo di provvedere alla figlia, secondo gli obblighi assunti con il divorzio.
Secondo i giudici, "il padre ha l'obbligo di mantenere il figlio che non è riuscito a conquistarsi l'indipendenza economica". La richiesta di 2.500 euro al mese, comprensivi di 400 euro per lo svago e mille euro all'anno per le vacanze, è stata tuttavia ridimensionata.
Esprimendo parere favorevole alla studentessa, il Tribunale di Pordenone aveva stabilito un assegno in suo favore di 500 euro al mese. La "paghetta" corrisposta dal padre alla figlia esulava da spese mediche, di carburante, per l'abbigliamento e affini.
Il padre, che aveva tagliato i viveri alla figlia a fronte del suo ritardo negli studi, aveva quindi presentato ricorso alla Corte d'Appello di Trieste, spiegando di provvedere già al mantenimento della figlia con lui convivente e di voler legare la corresponsione dell'assegno ai risultati nello studio per ragioni educative.