Covid e scuola, i costi sociali della Dad e la situazione in Ue | Guarda la tredicesima puntata di "Fatti e Misfatti d'Europa"
L'approfondimento settimanale, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda martedì 13 aprile. Ospiti del tredicesimo appuntamento Massimiliano Smeriglio, Sandro Gozi e Daniela Traficante
Per circa 35 settimane dall'inizio della pandemia di Covid gli studenti italiani sono stati lontani dalle classi. A rendere critica una situazione già precaria in partenza sono le diseguaglianze sociali e territoriali: molti ragazzi e bambini non avevano o hanno un pc a disposizione; inoltre, molte aree fanno i conti con una linea Internet non all'altezza delle esigenze. E' la scuola il tema della tredicesima puntata di "Fatti e Misfatti d’Europa", il programma di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo. Quali sono e saranno dunque i costi sociali della didattica a distanza e cosa è successo negli altri Paesi europei? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Smeriglio, europarlamentare S&D, Sandro Gozi, europarlamentare di Renew Europe, Daniela Traficante, professore associato in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università Cattolica di Milano.
La didattica a distanza - La didattica a distanza mostra tutte le fragilità della rete del nostro Paese. Parlando di banda ultralarga in fibra ottica la copertura in Itala è solo del 30%. "La Dad serve a gestire un'emergenza. Non può essere la normalità della formazione. I dati sono drammatici. Secondo una ricerca condotta da Save the Children, 850mila ragazzi non hanno tablet o altri strumenti, il 35% dei giovani intervistati si sente meno preparato, il 31 stanco, il 17 più incerto, il 15 più ansioso, il 14 ha nevrosi varie. Abbiamo affrontato un'emergenza con strumenti fragili. Ora dobbiamo concentrarci su come ripensare la formazione in presenza, perché la formazione è in presenza. La Dad non è la normalità del percorso educativo", afferma Smeriglio.
La situazione negli altri Paesi europei - Secondo una classifica stilata di recente dall'Unesco, l'Italia è tra i Paesi nei quali i ragazzi hanno perso più giorni di scuola, in totale 35 settimane.
La Francia ha scelto, invece, di tenere le scuole sempre aperte, esclusi i tre mesi del primo lockdown: marzo, aprile e maggio 2020. In totale, i ragazzi francesi non sono andati in classe 10 settimane. Discorso simile per la Spagna, nella quale le scuole sono state chiuse 15 settimane. In Germania, invece, la media è di 28 settimane.
La situazione in Francia - Gozi, eletto nella circoscrizione francese, spiega che in Francia "Macron, nonostante i pareri dei comitati scientifici e medici, ha sempre voluto dare priorità alla scuola e dall'11 maggio dello scorso anno, cioè dalla fine del primo lockdown, gli istituti sono stati sempre aperti. Sono chiusi ora fino al 26 aprile perché in questa terza ondata ci sono stati casi di infezione in 2mila classi. Credo che far andare i ragazzi in classe sia stata una scelta coraggiosa. E' stata una decisione criticata, ma secondo me giusta. E spero che dal 26 aprile la scuola possa riaprire. In Italia, ho trovato sbagliato il comportamento di alcune Regioni, che hanno addirittura chiuso ancora di più gli istituti rispetto ad altre".
Ragazzi e Dad - In che modo i ragazzi sono stati colpiti dalla Dad? Quali sono i principali disturbi rilevati tra i giovani? "Si stanno verificando fenomeni piuttosto preoccupanti su vari aspetti dello sviluppo. Come ciò che sta avvenendo a livello cognitivo. Parlo quindi di preparazione, autocontrollo, metodo di studio, coinvolgimento nella preparazione scolastica. Sono tante le sfaccettature che stanno modificando l'esperienza degli adolescenti. Noi come psicologi, docenti, genitori ed educatori dovremo tener conto dell'impatto che questo periodo avrà sui giovani perché sarà ed è molto profondo", dichiara Traficante.
"E' molto difficile concentrarsi in una situazione di didattica a distanza - aggiunge -. L'apprendimento riesce a consolidarsi se diventa esperienza di vita ed esperienza vuol dire apprendimento attraverso una modalità molteplice di informazioni, di canali, di emozioni, di situazioni che entrano a far parte della storia personale. Quando torneremo tutti in presenza, sarà una responsabilità di tutti coloro che hanno in carico i ragazzi accogliere le fragilità, le difficoltà che sono emerse in questo periodo per aiutarli a riprendere il filo della loro esperienza, storia e formazione".
Dad e digital divide in Italia - A un anno dallo scoppio della pandemia, sono stati fatti notevoli progressi ma i problemi restano e non sono pochi. Secondo i dati dell’Istat, il 47% dei ragazzi e bambini tra i 6 e i 17 anni studia con strumenti informatici carenti e solo il 6% non deve condividere il pc con i familiari. Inoltre, 1,1 milioni di bambini vive in una condizione di povertà assoluta. Parlando di digital divide a livello geografico, al Sud il 19% degli studenti ha difficoltà a seguire la didattica a distanza, al Centro il 10,9% e al Nord il 7,5%. Si parla di un totale 27% di famiglie che hanno difficoltà per la Dad a causa del digital divide.
"Questa situazione è andata a incrementare una spaccatura di condizioni sociali tra i vari Nord e Sud - commenta Smeriglio -. La questione sociale è evidente, la situazione ha impattato dove le fragilità economiche, sociali ed educative erano già presenti. In una casa di 70 metri quadrati se ci sono 2-3 figli e un genitore che lavora da remoto la soluzione è di fatto esplosiva. E anche l'utilizzo dello smartphone ha impatti sui sensi, sulla vista, sui processi di apprendimento. Abbiamo messo una toppa a un'emergenza, così come è accaduto in altri Paesi. I problemi sono stati grandi in tutto il mondo, ma soprattutto al Sud. Quindi ora pensiamo a come uscirne e a come fare quando i ragazzi torneranno a scuola e dovranno riprendere confidenza con un ambiente educativo che non è più parte della loro quotidianità".
Il Next Generation Eu, il piano dell'Ue per aiutare gli Stati colpiti dal Covid che prevede aiuti importanti per incrementare la digitalizzazione dei Paesi, potrebbe servire anche per livellare le differenze territoriali e tra gli Stati membri dell'Ue? "E' l'obiettivo - conclude Gozi -. Questo programma europeo straordinario prevede che al digitale venga destinato il 20% delle risorse. E quando dico digitale dico infrastrutture, connettività, banda larga ma anche formazione (degli insegnanti e piattaforme sicure). E' una grande occasione per colmare i divari in Italia tra Nord e Sud o tra zone periferiche e grandi centri ma anche in Europa tra Stati membri. In Europa meno del 40% degli insegnanti si sente pronto a utilizzare pienamente gli strumenti digitali per il proprio insegnamento. Un giovane su 5 non possiede un livello di competenze digitali minimo. Sono questi i temi che dobbiamo affrontare. Come Parlamento europeo abbiamo chiesto che il 10% del Next Generation Eu in ogni Stato venga dedicato all'istruzione. Spero che l'Italia voglia andare in questa direzione dando priorità ai giovani e alla scuola in questo piano di rilancio".
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