Soffiano sempre più forti i venti di guerra nucleare. Al centro del ring Pyongyang e Washington che potrebbero trascinare il pianeta in un conflitto. Da mesi il mondo assiste alla finestra alla ripresa di tensioni e allo scambio di minacce tra Corea del Nord e Usa, ma di fondo c'è l'irrisolta questione delle due Coree che si perde nel 1953 con la divisione della penisola. Così, oggi, Kim Jong-un dice di essere in grado di colpire la base americana di Guam e Donald Trump ribatte di essere pronto a rispondere con "fuoco e furia". Mentre la Cina viene tirata per la giacchetta, tutti restano con il fiato sospeso. Ma perché il dittatore nordcoreano ce l'ha tanto con gli Usa?
L'escalation nel 2017 Lo scambio di minacce tra Kim e Trump ha avuto inizio a gennaio: la Corea del Nord ha fatto sapere agli Usa di essere in possesso della tecnologia necessaria per lanciare un missile nucleare capace di colpire gli americani. A quel punto Trump ha prontamente reagito imponendo pesanti sanzioni sul Paese, con danni pari a circa un miliardo di dollari, che hanno infastidito parecchio Kim Jong-un. Da qui un'escalation di provocazioni da parte dei nordcoreani e i continui test missilistici che impensieriscono non solo il Giappone, la Cina ma l'Onu costretta a riunirsi d'urgenza a ogni lancio. Fino a quello che forse rappresenta un punto di non ritorno, la tragica vicenda dello studente statunitense Otto Warmbier.
Tutto si perde nella notte dei tempi del 1953 Per spiegare come i rapporti tra i due Paesi impegnati in questo estenuante braccio di ferro siano precipitati è necessario fare un balzo all'indietro e tornare agli anni della Seconda Guerra Mondiale, quando la Corea, che in quel momento era unita e parte dell'Impero Giapponese, venne occupata da Stati Uniti e Unione Sovietica che divisero il territorio in due al 38esimo parallelo: il Nord inglobato nella sfera sovietica, il Sud in quella americana. Nel 1950, però, il precario equilibrio si ruppe con la Corea del Nord che invase quella del Sud, scatenando quella guerra durata dal 1950 al 1953 e che si concluse senza un trattato di pace. A far tornare un instabile equilibrio ci pensò un armistizio, violato negli anni da entrambe le parti. Da sessant'anni, dunque, si rincorrono provocazioni e toni bellicosi.
Il disgelo degli anni Novanta e il precipizio del Duemila Il fuoco sotto la cenere brucia, quindi, da decenni. In più si sono aggiunte le ambizioni nucleari nordcoreane che si trascinano dagli anni Novanta con prove di disgelo, pur se tra alti e bassi. Un accordo quadro tra Usa e Corea del Nord, basato su uno scambio tra forniture energetiche americane e arresto del programma nucleare nordcoreano, naufragò all'inizio del Duemila, quando Pyongyang abbandonò il Trattato di non proliferazione nucleare. Così l'iniziativa diplomatica a sei, che includeva le due Coree più Cina, Giappone, Russia e Usa, si arenò irrimediabilmente nel 2008. Ma già dal 2006 la Corea del Nord aveva iniziato a condurre test nucleari e numerosi lanci missilistici.
E ora? Le innate ambizioni imperialiste della Corea del Nord hanno portato nel tempo Pyongyang a essere oggi lo Stato più militarizzato al mondo. Nel suo arsenale ci sono un migliaio di missili a medio e a lungo raggio e 8 milioni di riservisti su 25 milioni di abitanti. Difficile dire ancora se la Corea del Nord sia in grado di costruire testate nucleare ma sicuramente dispone di materiale fissile per almeno 10-15 bombe atomiche. Difficile che Kim possa colpire direttamente gli Stati Uniti, ma su una cosa gli analisti sono d'accordo: il dittatore nordcoreano è comunque in grado di colpire con i missili Seul. E ciò scatenerebbe l'effetto domino tanto temuto: gli Usa sarebbero costretti a intervenire e così Cina, Russia... La terza guerra mondiale, insomma, in questo scenario non è così lontana.