Un pezzo di storia della musica tirato a lucido e ripubblicato per la gioia dei collezionisti. E' la discografia degli Emerson, Lake & Palmer, trio che ha marchiato agli inizi degli anni 70 il rock dando di fatto il "La" al movimento progressive. "Nei primi cinque anni abbiamo fissato il modello per un genere - dice Carl Palmer a Tgcom24 -. Ne sono orgoglioso perché quella musica magari non è più di moda ma è diventata un classico, come il jazz".
Rivelatisi al grande pubblico durante il concerto all'isola di Wight del 1970, Emerson, Lake & Palmer sono stati una delle band simbolo di un'epoca. Oltre 40 milioni di dischi venduti, tour kolossal negli stadi, in una carriera proseguita discograficamente fino al 1994 ma che ha visto tra il 1970 e il 1973 concentrarsi il picco creativo.
L'opera di ripubblicazione dei loro dischi è iniziata nel 2016, quello stesso anno che ha visto scomparire prima Keith Emerson e poi Greg Lake. A oggi sono già stati pubblicati undici album, dal primo eponomimo a "In The Hot Seat" del 1994. E a portare avanti l'eredità di quel trio fenomenale è rimasto Carl Palmer, batterista di talento straordinario, che con la sua band, Carl Palmer's ELP Legacy, gira il mondo ormai dal 2001. Ma con lui è d'obbligo prima di tutto fare un salto indietro di più di 45 anni, agli inizi della storia... "Prima di tutto bisogna dire che Emerson, Lake & Palmer sono stati tra i primissimi gruppi prog rock a mettersi in luce in Inghilterra all’inizio degli anni 70 - spiega -. Noi siamo stati in qualche modo il modello per questo genere musicale che fondamentalmente è stata un’invenzione britannica. Il prog rock è nato in Inghilterra come il jazz negli Stati Uniti".
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Il fulcro della vostra produzione è racchiuso tra il 1970 e il 1973...
Quel periodo è stato formidabile e fondamentale. I primi cinque anni di carriera di Emerson, Lake & Palmer sono stati davvero produttivi con lavori come "Emerson, Lake & Palmer", "Pictures At An Exhibition", "Tarkus", "Trilogy", "Brain Salad Surgery". Sono cinque album che hanno cambiato la storia di quella particolare forma d’arte che è il prog rock. Quella musica è ancora forte oggi, dopo 40 anni, ed è per questo che ne sono particolarmente orgoglioso.
Cosa vi distingueva dal resto del panorama musicale?
Cominciano con il dire che non eravamo un gruppo rock come era inteso all’epoca. Non avevamo una chitarra solista e non avevamo nemmeno radici blues. Ci rifacevamo piuttosto alla musica classica, usando tastiere e sintetizzatori e con il cantante che non usava la voce come un classico rocker ma piuttosto come un corista. Le nostre radici erano profondamente britanniche e molte canzoni erano adattamenti di pezzi di musica classica. Per questo eravamo qualcosa di completamente diverso e abbiamo fatto da modello per un nuovo movimento.
In quegli anni vi siete resi conto che stavate facendo la storia?
Sapevamo di essere speciali perché avevamo qualcosa che faceva presa sul pubblico. Ma sapevamo anche di essere fortunati. Puoi avere anche della grande musica dalla tua parte ma se ti manca quel pizzico di fortuna non arrivi da nessuna parte. Molti pensavano che non saremmo durati, che quel genere musicale non avrebbe avuto futuro. L’Atlantic, l’etichetta che ci mise sotto contratto, era disposta a restituirci il nostro catalogo perché non pensava che sul lungo periodo se ne sarebbe fatta nulla. Ora, sono consapevole del fatto che il prog non sia popolare come lo è stato in quegli anni, ma non è questo quello che conta. E’ una forma d’arte che è diventata classica, come il jazz.
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Oggi nella musica sembra tutto più livellato e l'impressione è che nessuno riesca più a essere veramente rivoluzionario. Come mai?
Non sono sicuro che oggi sia un periodo meno brillante di altri passati. Ascolto musica ma non sono così aggiornato. Ma vedo che ci sono molti generi musicali, così come molti artisti, che hanno un successo enorme. Sicuramente oggi è tutto molto più controllato mentre quando abbiamo iniziato noi c’era una grande libertà e l’inventiva si nutre della libertà: libertà di inventare, libertà di scegliere, libertà di provare. Quando a un artista viene detto di fare un determinato tipo di musica, o hai un produttore che influenza il tuo sound, ti viene a mancare qualcosa. Ma per esempio credo che il rap abbia tanto da dire e sia un genere fatto per restare nella storia. Ogni generazione ha una sua musica da tramandare, cambiano le modalità in cui questo avviene.
L'anno scorso sono scomparsi Keith Emerson e Greg Lake. Com'è portare avanti da solo la vostra eredità musicale?
Ho il mio gruppo ormai dal 2001, e non ho mai voluto ricreare il sound di EL&P così come era, con i sintetizzatori. Ho deciso piuttosto di mostrare al pubblico quanto la nostra musica fosse versatile. Ho preferito mostrarla da un punto di vista diverso, filtrandola attraverso altri generi musicali e introducendo strumenti che noi non usavamo: la chitarra solista, il basso e il chapman stick.
Cosa è cambiato?
Quando abbiamo iniziato se avessimo aggiunto una chitarra saremmo stati probabilmente un quartetto dove la chitarra avrebbe recitato un ruolo minore. Oggi ci sono molti più chitarristi famosi che non tastieristi, ma negli anni 70 era esattamente l’inverso. Così ho capito che per mostrare gli EL&P in un modo più fresco e giovane dovevo trasformarlo in un genere chitarristico. E ti assicuro che la cosa funziona alla grande. La gente ci viene a vedere ed è entusiasta di ascoltare parti che conosceva a memoria fatte con la tastiera ora fatte con la chitarra.