A cinque giorni dall’inizio della missione italiana Vita targata Agenzia Spaziale Italiana, Paolo Nespoli ha incontrato dallo spazio Tgcom24. L’astronauta italiano si è collegato via streaming dalla Stazione Spaziale Internazionale con Roma e ha raccontato come sono andati i suoi primi giorni a bordo della base spaziale.
Alla terza missione in orbita come sono cambiate le tue emozioni?
In generale ho ritrovato la stazione come quando l'ho lasciata, ma con più attività e più complessità. Nell'ambito di una stessa giornata ti occupi di metallurgia, corpo umano, animali. È veramente interessante. Mi sono meravigliato in questi giorni per tutte le cose che si possono fare sulla stazione orbitante.
C'è tanta Italia nella Stazione Orbitante. Quali parti sono frutto dell'ingegno italiano?
L'Agenzia Spaziale italiana insieme a quella Europea hanno lavorato con programmi che potessero dar lavoro alle nostre industrie locali. Per esempio oggi io mi trovo nel laboratorio americano perché quello europeo era impegnato da un esperimento. Il nodo numero 2 e il nodo 3 e il PMM e la cupola sono tutti prodotti italiani, costruiti per conto della Agenzia Spaziale Europea o per conto della Nasa stessa. Abbiamo fatto tanto e dobbiamo mantenere alto questo impegno.
In che modo la missione VITA darà ulteriore impulso alla space economy del nostro paese e alle industrie del settore?
La presenza costante di astronauti italiani in orbita (penso a Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti) è un modo di dare visibilità e supporto a queste attività. L'Agenzia Italiana ha messo a segno una serie di esperimenti e ha le forze per crescere. Attraverso queste missioni abbiamo capito che l'attività dello spazio è una attività che paga, sempre.
Come sta cambiando lo spazio?
Sono molto contento che ci sia un'evoluzione per cui anche soggetti privati partecipano alle missioni. Vogliamo che lo spazio diventi un posto dove fare commercio e anche turismo. A chi mi dice questa sarà la tua ultima missione rispondo "chissà". Tra qualche anno probabilmente riuscirò a tornare nello spazio come turista e questa esperienza sarà accessibile a tutti.
Ha 200 esperimenti scientifici da seguire ma anche tanto tempo libero. Come lo impiegherai?
Dalle 9 di sera alle 6 o7 di mattina sono libero dalle attività scientifiche. Abbiamo la possibilità di telefonare quando è disponibile il satellite, così come abbiamo l'occasione di mandare messaggi di posta elettronica a un numero ristretto di persone. Ma a me interessa soprattutto usare i social media per coinvolgere il maggior numero di persone, per portare tutti nello spazio.
In questo senso il progetto Spac3 può aiutare ad azzerare le distanze? Che effetto ti fa riuscire a essere connesso con la Terra?
Alle mie spalle ho il logo della missione - creato dall'Agenzia Spaziale Italiana e da quella Europea con il maestro Pistoletto - e per me che sono un ingegnere è una cosa strana. Però capisco quanto è importante che in queste missioni si curino non solo le questioni di carattere scientifico, ma anche quelle di carattere filosofico e artistico. È davvero importante che le agenzie abbiano creato questa applicazione per smartphone per unire con un tratto la terra con la stazione, costruendo un enorme mosaico di foto. Non so dove ci porterà questo progetto ma è il bello dell'arte: non sai dove ti porterà. Sono contento, entusiasta di questa iniziativa e spero che abbia molto successo portando me sulla terra e il pubblico nello spazio.
Volare nello spazio fa bene o no al fisico?
L'ambiente dello spazio è diverso da quello terrestre. Per esempio c'è un ambiente ad alte radiazioni perché non siamo protetti dall'atmosfera. In generale però per andare nello spazio non serve essere Superman, basta essere persone normali. Ma siamo sulla ISS proprio per cercare di capire come funziona il nostro corpo e anche per indagare se nel futuro potremo andare al di fuori del sistema solare.
Il corpo si abitua allo spazio. Non è che abbiamo questa attitudine nel Dna per precedenti esperienze in orbita?
È un modo nuovo di pensare e muoversi non solo per il corpo, ma anche per la mente. Ci vuole relativamente poco per riassettare la mente e il corpo in questa nuova situazione. Mentre è più pesante tornare dentro l'atmosfera e sotto la forza di gravità Nella mia missione precedente sono tornato "terrestre" quasi sei mesi dopo la fine della missione, mentre adesso ci ho impiegato pochi giorni ad abituarmi al nuovo contesto. Chissà che il nostro corpo non abbia questa capacità di adattarsi per qualche motivo specifico.