#Riscattalaurea, quello che i Millennials dovrebbero sapere
Sta spopolando sui social la campagna che chiede il riscatto della laurea gratuito per i nati tra il 1980 e il 2000. Ma cosa prevede la proposta e cosa cambierebbe rispetto al passato?
Sta spopolando sui social network, è entrata nei palazzi che contano, ha fatto discutere e lo farà ancora per mesi. Forse perché intercetta una domanda che milioni di persone, fino ad oggi, non avevano avuto il coraggio di fare. Così, da iniziativa spontanea, la campagna #Riscattalaurea potrebbe presto trasformarsi in un provvedimento storico. Per molti, infatti, negli ultimi anni riscattare il titolo universitario più che un sogno è diventato un miraggio. La crisi ha scombinato i loro piani. Perché un’operazione del genere ha dei costi davvero alti, diventati proibitivi per una generazione che è stata costretta a destreggiarsi tra disoccupazione e precariato. Oggi, però, i millennials – ragazzi nati tra il 1980 e il 2000, colpiti appieno dalle difficoltà lavorative – vedono un barlume di luce in fondo al tunnel. Lo scrive Skuola.net.
La campagna #Riscattalaurea
Una foto con un cartello – con su scritto, appunto, #Riscattalaurea – da postare sui social accompagnata dallo stesso hashtag. Tanto è bastato per riaprire la ferita. E per far diventare virale il fenomeno. Ma stavolta, a differenza del passato, pare che si faccia sul serio. I promotori del coordinamento #Riscattalaurea - Luigi Napolitano e Rosario Pugliese - negli scorsi giorni hanno incontrato alcuni rappresentanti del ministero dell’Istruzione, i quali si sono dichiarati disponibili all’ascolto e ad approfondire le proposte, per le parti di propria competenza. Il Miur tuttavia ha smentito la notizia dell’avvio - prima della pausa estiva - di un tavolo tecnico sul tema. Nel frattempo, dal ministero dell’Economia, il sottosegretario Baretta – durante un’intervista a La Repubblica - lascia intravedere delle possibilità, pur chiarendo che
"la proposta va studiata e definita, innanzitutto facendo una valutazione sui costi, che non sono stati ancora calcolati”. L’obiettivo della campagna #Riscattalaurea è permettere a tutti i laureati nell’era della crisi di far rientrare – gratuitamente - nel calcolo della pensione gli anni passati sui libri.
Gli anni spesi sui libri equivalgono a un lavoro
È evidente che gli anni dell’università sono tempo rubato alla ricerca di un lavoro stabile. Per questo, in passato, una volta firmato il primo contratto quasi tutti mettevano da parte i risparmi per ‘pagarsi i contributi’ maturati durante quel periodo, come se gli esami fossero stati un vero e proprio lavoro. Peccato che, guadagnando poche centinaia di euro al mese (come avviene oggi), non è possibile pagare la quota per il riscatto del titolo. Ciò ha significato, per una buona fetta di laureati dell’ultimo decennio, dire addio a quel vantaggio.
Quanto costa riscattare una laurea?
Non è possibile dire a priori quanto costi riscattare una laurea. Dipende da molti fattori: età, sesso, periodo storico da riscattare, anni di durata del corso di laurea (quelli previsti dall’ordinamento universitario, non quelli effettivamente impiegati per arrivare al titolo), lo stipendio percepito negli anni a ridosso della richiesta di riscatto. Se, poi, la persona che vuole riscattare la laurea non lavora, le tabelle cambiano. Insomma, un calcolo complesso. In ogni caso molto oneroso: a titolo di esempio, secondo stime Inps, un giovane 27enne con un reddito di 22 mila euro e un anno di anzianità contributiva deve investire circa 29 mila euro per il riscatto di 4 anni di studio.
I titoli universitari che si possono far rientrare nella pensione
Al riscatto a fini pensionistici, però, non concorre solo la laurea, che sia un diploma universitario (di durata tra i 2 e i 3 anni), una laurea vecchio ordinamento (tra i 4 e i 6 anni) o una laurea triennale e/o specialistica (in base all’ultima riforma dei cicli universitari). Perché per mettere fieno in cascina in vista della pensione si possono utilizzare anche: i diplomi di specializzazione che si conseguono successivamente alla laurea (e comunque al termine di un corso di durata non inferiore a 2 anni), i dottorati di ricerca (anche se conseguito all’estero, basta che sia riconosciuto in Italia), i diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). Mentre non è possibile riscattare le borse di studio concesse dalle Università per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca né gli assegni concessi da alcune scuole di specializzazione.
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