Un album figlio della rivoluzione musicale in corso, dove tutta la storia della musica è a portata di mano di tutti e tutta insieme, grazie ai servizi streaming. E' "Everything Now" ("Tutto ora"), quinto lavoro in studio dei canadesi Arcade Fire. "Siamo nel pieno di una rivoluzione culturale - spiega a Tgcom24 il polistrumentista e compositore Richard Reed Parry -. Mai come questa volta ci siamo sentiti liberi di sperimentare vari stili e atmosfere".
A metà luglio sono stati protagonisti di due attesissimi e gremitissimi concerti a Milano e Firenze, a dimostrazione che il nuovo corso del gruppo, fatto di un'epocale passaggio a una major e di un singolo, "Signs of Life", dalle inaspettate sonorità funky, è stato digerito dai fan. Fatto salvo qualche mugugno che in questi casi è sempre da mettere in conto. Certo, il generale tono dance-pop di molti dei brani non poteva che lasciare a bocca aperta lo zoccolo duro della fan base del gruppo guidato da Win Butler e Regine Chassagne, ma i tempi stanno cambiando e le certezze sono fatte per essere scosse... "Questo è un album che riflette su un momento di transizione importante nella musica, dove lo streaming sta soppiantando i vecchi modi di usufruire di dischi e canzoni e le vendite sono sempre più ridotte all'osso - spiega Richard Reed Parry -. La musica online ormai domina rispetto a quella fisica. Ma non ci si può fare nulla, questo è il mondo oggi. E' una sorta di rivoluzione culturale dove tutta la musica prodotta è a disposizione di chiunque immediatamente".
E voi come state vivendo tutto questo?
Noi iniziamo a essere un po' più maturi e il modo così rapido con cui la cultura sta evolvendo è disorientante. Quando sei più giovane non ci badi nemmeno, sei completamente indifferente, sei concentrato su quello che fai tu senza badare troppo a quello che ti accade intorno. Adesso capisco molto di più quei musicisti che hanno vissuto per anni con un certo mondo musicale e lo hanno visto scomparire, perdendo tutti i punti di riferimento.
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Il modo in cui il mondo musicale è cambiato vi ha influenzato nel modo di concepire l'album?
Noi apparteniamo alla generazione che è cresciuta con un concetto di album molto importante. Mi rendo conto che oggi per i giovani sia ben diverso. Spesso creano le loro playlist oppure si affidano al modo di riproduzione casuale che pesca brani qua e là. Siamo consapevoli che le cose stiano così ma questo non ci ha impedito di ragionare sulle canzoni in termini di album, mettendo insieme le cose che aveva un senso logico stessero insieme.
Ciò non toglie che il vostro album possa essere godibile anche come una playlistì: è molto vario, si va dalla disco music al pop passando per tirate quasi punk...
Più o meno è sempre stato il nostro modo di lavorare ma sicuramente questa volta c'è stata maggiore interazione con il significato di "Everything Now", l'idea di avere sempre tutto quanto a portata di mano. Ci siamo lasciati andare maggiormente a lavorare con gli arrangiamenti, siamo stati più liberi, cose del tipo "Dai proviamo a fare una versione country di questa...!". E quindi anche più estremi rispetto al passato.
A fornire questa varietà di atmosfere hanno contribuito anche i due produttori Thomas Bangalter (Daft Punk) e Steve Mackey (Pulp)?
Sicuramente hanno aggiunto alla nostra visione un punto di vista più pragmatico, persino più fisico. Ognuna di queste persone ha dato il suo contributo per portare avanti il nostro percorso.