Grasso ricorda su Facebook Beppe Montana, agente ucciso dalla mafia: "Il suo talento faceva paura"
Dopo l'omicidio da parte di Cosa nostra, la Sicilia fu immersa nel sangue
Era una domenica sera, il 28 luglio del 1985, quando dei sicari di Cosa nostra uccisero Beppe Montana, commissario della Squadra mobile di Palermo sezione Catturandi. Oggi il presidente del Senato Pietro Grasso lo ricorda con un post su Facebook: “La sua tenacia e il suo talento facevano paura, per questo bisognava ucciderlo”. Quando fu ucciso al porto di Porticello, dove si trovava con la sua fidanzata, aveva solo 35 anni.
Della lotta alla mafia aveva fatto la sua missione di vita. Nativo di Agrigento, era arrivato a Palermo nel 1982, dopo la morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Si era fin da subito distinto. Aveva scoperto l'arsenale di Michele Greco e fatto arrestare il boss del contrabbando di sigarette e del traffico di droga Tommaso Spadaro, amico d'infanzia di Giovanni Falcone. E proprio nel giorno dell'assassinio di Montana, Falcone e Borsellino erano in ritiro sull'isola dell'Asinara per preparare il maxi processo che avrebbe scoperchiato Cosa nostra. Montana arrestò numerosi latitanti, seguì le indagini sul Palermo calcio. Con Ninni Cassarà, vice capo della squadra mobile di Palermo, instaurò un rapporto umano e professionale profondo. Dal giorno dell’omicidio di Beppe Montana la città di Palermo fu immersa nel sangue delle vittime della mafia. In dieci giorni vennero assassinati altri 3 investigatori della squadra mobile di Palermo, tra i quali lo stesso Cassarà.
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