E' il giorno della sentenza su Mafia Capitale. Oggi i giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma dirà se l'amministrazione comunale della città sia stata davvero per anni sottoposta a un clan di stampo mafioso che puntava ad aggiudicarsi appalti e commesse.
Circa venti mesi di processo, centinaia di udienze e una mole di documenti impressionante con migliaia di intercettazioni depositate sono i numeri di un processo che ha segnato la vita politica, amministrativa e giudiziaria degli ultimi anni.
Sono 46 gli imputati che attendono la decisione del tribunale presieduto da Rosanna Ianniello. Tra loro i presunti capi dell'organizzazione: l'ex terrorista nero Massimo Carminati e il ras delle cooperative Salvatore Buzzi. Per il procuratore capo Giuseppe Pignatone, per l'aggiunto Paolo Ielo e per i sostituti Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, sono loro due i personaggi al vertice del clan che poteva contare su una serie di gregari e su un numero considerevole di politici locali che erano, di fatto, al "libro paga" dell'organizzazione.
La sentenza dovrebbe arrivare in un'aula bunker di Rebibbia davanti a una folla di giornalisti, cameramen e probabilmente anche molti spettatori. Ad attendere la decisione ci saranno anche troupe tedesche, polacche e inglesi. In totale per gli imputati la Procura ha sollecitato condanne per oltre cinque secoli di carcere. L'incognita è rappresentata dall'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, contestata ad oltre quindici persone. Il processo si gioca, fondamentalmente, su questa ipotesi di reato che nel corso del processo gli avvocati difensori hanno tentato di smontare.
Carminati, Buzzi e Gramazio - Per Carminati i pm hanno chiesto una condanna a 28 anni di carcere e per Buzzi 26 anni e 3 mesi. I due imputati eccellenti seguiranno il verdetto collegati in videoconferenza, il primo dal carcere di Parma dove è recluso in regime di 41 bis, il secondo, detenuto a Tolmezzo. Secondo l'impianto accusatorio i vertici del gruppo potevano contare su una schiera di politici, sia di destra che di sinistra. Tra loro l'ex capogruppo del Pdl in Comune Luca Gramazio, unico politico ancora accusato di concorso in associazione mafiosa, per il quale sono stati chiesti 19 anni e mezzo. Per il presunto braccio destro di Carminati, Riccardo Brugia, anch'egli un passato di estrema destra e rapine, è stata sollecitata la condanna a 25 anni e 10 mesi; 22 anni invece per la "cerniera" tra Mafia Capitale e il mondo politico-istituzionale, Fabrizio Testa. Tra le richieste di condanna più alte anche quella a 21 anni per l'ex amministratore delegato di Ama, la municipalizzata dei rifiuti, Franco Panzironi.
Gli imputati - Nel procedimento compaiono ex amministratori locali di diversi schieramenti politici, ex dipendenti pubblici e dirigenti di azienda. Ci sono Giovanni Fiscon (5 anni di carcere la richiesta dei pm) e Franco Panzironi (21 anni), in passato ai vertici dell'azienda romana dei rifiuti (Ama) come direttore generale e amministratore delegato; l'ex componente del tavolo di coordinamento per i rifugiati del Viminale, Luca Odevaine (2 anni e mezzo la richiesta dei pm per aver collaborato con gli inquirenti), e l'ex capogruppo Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio (19 anni e mezzo), l'ex presidente dell'Assemblea capitolina, Mirko Coratti (4 anni e mezzo), l'ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone (4 anni), e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd (4 anni) e Giordano Tredicine del Pdl (4 anni).
Tra i 19 imputati per associazione di stampo mafioso, oltre a Carminati, Buzzi, Panzironi e Gramazio, sono a processo l'ex dirigente di Eur spa Carlo Pucci (chiesti per lui 19 anni di carcere), i collaboratori di Carminati, Riccardo Brugia, (25 anni e 10 mesi di carcere), Roberto Lacopo (21 anni) e Matteo Calvio (21 anni); la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito (18 anni), il commercialista Paolo Di Ninno (19 anni), la compagna dell'imprenditore, Alessandra Garrone (18 anni e sei mesi), Carlo Maria Guarany (19 anni) e Claudio Caldarelli (19 anni), entrambi stretti collaboratori di Buzzi.
Chiesti rispettivamente 18 anni e 16 anni e due mesi, per gli imprenditori Agostino Gaglianone e Giuseppe Ietto, ritenuti a servizio dell'associazione; e 16 anni di carcere per Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, considerati dalla procura il punto di contatto tra il gruppo e la 'ndrangheta.