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Usa, polizia uccide australiana che aveva chiamato per un'aggressione il 911: il padre chiede giustizia

Gli agenti che erano intervenuti dopo la telefonata d'emergenza della donna non avevano attivato le body cam che indossano sulle divise

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Poliziotti a Minneapolis (Usa) hanno aperto il fuoco contro una cittadina australiana, Justine Ruszczyk Damond, di 40 anni, uccidendola. Non si ha alcun dettaglio su cosa abbia portato gli agenti a sparare: si sa soltanto che avevano risposto a una chiamata al numero di emergenza 911. "C'è un'aggressione in corso, venite", è stata la richiesta d'intervento della donna che è andata incontro all'auto della polizia, in pigiama e con il cellulare in mano. Le autorità stanno tentando di ricostruire l'episodio: le body cam indossate dai poliziotti non erano accese e chi ha sparato è stato sospeso dal servizio. La famiglia della donna è sotto shock, il padre chiede giustizia.

Secondo il giornale locale The Star Tribune la vittima, Justine Ruszczyk, 40 anni, di Sidney, da due anni a Minneapolis come insegnante di meditazione, era fidanzata e avrebbe dovuto sposarsi a breve, tanto da aver già adottato il cognome del futuro consorte, Damond.

La donna dopo aver chiamato il numero di emergenza denunciando uno stupro in corso, è andata incontro all'auto della polizia in un vicolo, ma quando si è avvicinata al finestrino della macchina un agente ha sparato più colpi colpendola all'addome. La 40enne è morta poco dopo.

Risulta inoltre che le "body cam" dei poliziotti coinvolti non fossero accese; non esistono quindi video dell'episodio per poterne ricostruire la dinamica. Non è chiaro perché le telecamerine attaccate alle divise non fossero state attivate.

Dall'Australia, il padre di Justine chiede giustizia.

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