Il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo ha destato polemiche anche dopo la morte. Geng Shuang, ministro degli Esteri cinese, si schiera contro tutti quei paesi che "hanno espresso commenti inappropriati" sulla vicenda dell’attivista ed esprime le sue riserve circa l’assegnazione del riconoscimento, considerata una blasfemia contro il premio stesso. La questione è stata trattata anche dalla censura di Pechino, che ha bloccato tutti i contenuti web su Xiaobo e interdetto l’uso delle sue iniziali, di emoticon ed espressioni che indirettamente possano ricondursi all'attivista.
Shiuang ha precisato che è stata presentata una protesta formale contro Stati Uniti, Germania e Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, rei di essersi spesi per la liberazione e le cure della malattia di Xiaobo. Inoltre il conferimento del Nobel all'attivista non è considerata "giusta" dal governo asiatico, visto che Xiaobo era stato condannato a 11 anni di carcere per sovversione.
Inserendo il nome del critico e scritto su Baidu, principale motore di ricerca web in lingua cinese, non compare alcun risultato. Su Weibo, il Twitter locale, la censura ha vietato l’uso delle iniziali LXB ed eliminato anche commenti che indirettamente rinviavano alla morte del Nobel. Espressioni senza riferimento specifico come RIP o emoticon come quella della candela sono state bloccate e bollate come contenuti illegali.