Nel 2016 erano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 742 mila individui. Secondo le stime Istat, la situazione è sostanzialmente stabile rispetto al 2015 in termini generali, ma l'incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con 3 o più figli minori, e aumenta anche tra i minori passando dal 10,9% a 12,5%.
Nel report "La povertà in Italia" l'Istat sottolinea che nel 2016 l'incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell'anno precedente).
Persiste, a partire dal 2012, la relazione inversa tra incidenza di povertà assoluta e età della persona di riferimento (aumenta la prima al diminuire della seconda). Il valore minimo, pari a 3,9%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%).
Anche la posizione professionale della persona di riferimento incide molto sulla diffusione della povertà assoluta. Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, l'incidenza della povertà assoluta è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti. Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e ritirata dal lavoro (3,7%).
Come negli anni precedenti l'incidenza di povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata.