Andrea Francardo, talentuosa ideatrice del progetto Nasco Unico, è la figlia di Roberto, uno dei più grandi inventori dell’abbigliamento casual anni ’70, a cui dobbiamo la vestibilità scultorea dei Jeans Bell Bottom e i rivoluzionari lavaggi scoloriti dei pantaloni in denim firmati El Charro. Dal genio del padre, la stilista torinese ha ereditato un patrimonio di creatività originale e senza tempo, che oggi si traduce nella produzione di giacche da donna di alta sartoria, realizzate su misura e interamente costumizzate dalle clienti che andranno ad indossarle, esprimendo al meglio il proprio stile e la propria personalità.
Dalla scelta del tessuto preferito, tra una vasta gamma di materiali di massimo pregio, ha inizio un lento e minuzioso processo di creazione del prodotto, secondo i canoni dell’eccellenza manifatturiera italiana. Nessun dettaglio è lasciato al caso, dal bottone alla passamaneria, dall’etichetta alla fodera interna. Capi unici, iconici e contemporanei, con un’anima intima e individuale, che si discostano dal mondo del fashion, sempre più seriale ed impersonale.
Andrea, com’è nata la tua passione per la moda? È corretto parlare di una ‘’storia di famiglia’’?
Sono un’italiana verace che adora il Made in Italy. Esigo lavorare secondo i canoni dell’imbattibile artigianalità del nostro Paese, che voglio proteggere a tutti i costi. Ricerco costantemente la qualità in qualsiasi cosa, dalla manodopera alla comunicazione.
Sono figlia d’arte. La nostra è la storia di una famiglia molto unita, fatta di grandi menti creative e di splendidi esempi di imprenditoria. La passione per questo mestiere viene coltivata sin da piccoli: l’ambiente in cui si vive, l’educazione che si riceve, gli spazi in cui si cresce, le persone che ci circondano influenzano la creatività e la formano. Io sono stata cresciuta da un padre folle, appassionato di denim, amante del rischio e di belle donne. Mia madre, severa, elegante e grande arredatrice, mi ha insegnato la cura per le cose e l’attenzione al dettaglio. La moda, la musica e tutte le arti, che derivano dalla parte destra del nostro cervello, richiedono un patrimonio genetico ereditario ed una sensibilità che si forma in fasce. In un secondo momento subentra la nostra impronta personale e la creatività individuale prende forma. Amo definirmi una ricercatrice ed una collezionista insaziabile di stimoli. Inseguo la bellezza a 360 gradi. Sono appassionata di artigianato e prodotto e, lo ammetto, sono molto disillusa della moda di oggi! Ma, cosa ben più importante, sono madre di due magnifici bambini, che rallentano tutto il processo creativo, rendendolo però estremamente vero, sensibile e vitale.
Qual è stato il tuo percorso formativo? Cosa porti con te delle importanti esperienze del passato? Penso alle collaborazioni con aziende di primo piano, quali Kristina Ti, Alberto Aspesi, Moschino, Massimo Piombo, PT01…
La mia formazione è stata bizzarra, costruita attraverso l’esperienza. E’ stato un percorso lento, di pancia, mai studiato ed organizzato a tavolino. Sono cresciuta in grande libertà. Ho viaggiato molto, fermandomi in ogni luogo che catturasse la mia attenzione. Ho vissuto in tante parti diverse del mondo, da New York ad
Alberobello, da Milano a Tallin. Ho preferito sempre arricchire la mia professionalità in piccole realtà: le grandi firme ed i colossi mi hanno sempre terrorizzata! I riflettori delle sfilate non mi sono mai interessati. Mi piace stare nei laboratori, nelle tintorie industriali, a contatto con tutti gli addetti ai lavori. Mi sono formata con l’esempio di grandi tecnici, che lavoravano per marchi importanti come, ad esempio, Prada e Donna Karan; insieme a loro ho imparato a conoscere il prodotto e le sue varie fasi di costruzione. Ogni esperienza è servita ad aggiungere un tassello: chi mi ha lasciato grande formazione tecnica, chi mi ha trasferito l’importanza delle strategie imprenditoriali, chi mi ha regalato grande libertà di espressione, chi mi ha insegnato esattamente quello che non volevo diventare…Le aziende sono come le famiglie: in ognuna ritrovi un metodo, un’educazione, un approccio al lavoro e alle relazioni.
Tuo padre ha scritto la storia della moda casual in Italia. Quanto ha influito sulla tua crescita essere nata in un contesto familiare di riferimento del settore?
Essere cresciuta in una famiglia in cui si è sempre parlato di “stracci” senza dubbio ha influito sulle mie scelte! Mio padre è stato un grande maestro di vita. Ho capito tuttavia davvero chi fosse soltanto da adulta, quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, creando la nostra società: un genio senza regole, un vulcano di idee. Gli anni con lui sono stati la mia vera formazione. Inarrestabili, in poco tempo abbiamo prodotto tantissimo materiale…è stato un grande divertimento e una grande scuola!
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Quando e come è nato il progetto Nasco Unico From Andrea Francardo ? Come mai la scelta di questo nome? Qual è lo spirito del tuo brand?
Nasco Unico ha tratto origine da uno schiaffo fortissimo che ho ricevuto dalla vita. Ho iniziato a visualizzare e a strutturare il progetto in un momento di grande disperazione. Sono stati sei mesi intensi, di scrittura e di pensiero, in cui non vi è stato spazio per nient’altro. Solo in una fase successiva ho iniziato a dare forma alle idee e sono passata dall’immagine al prodotto…tutto è stato costruito con grande passione, quasi viscerale. La mia intenzione era quella di realizzare un prodotto che scardinasse le barriere del sistema moda, cercando di consumare il meno possibile, ma creando al contempo qualcosa di bello.
Il nome Nasco mi è stato regalato da mio padre, una settimana prima della sua scomparsa. Una sera ha lasciato, nel taschino della mia giacca, un biglietto in cui mi diceva: “Questo sarà il tuo prossimo progetto. Sei brava e sei giovane, allora vivi e lavora tanto!”. Su quel foglietto c’era scritto: “N.A.S.C.O”. E così, a distanza di anni, mentre lavoravo al progetto delle mie giacche, ho pensato che fosse finalmente arrivato il momento di usare quella magnifica parola, intesa come forza vitale, rinascita, voglia di fare. Il passo da Nasco a Nasco Unico è stato breve!
Come mai la giacca? Cosa rappresenta per te questo indumento?
Il capospalla è stato da sempre la mia pura passione. Il blazer è un indumento che ha segnato di per sé il mondo della moda. Non ha stagioni, non è di tendenza, rimodella e delinea il corpo, dona carattere e stile a chi lo indossa…insomma, per me la giacca è tutto! È un capo iconico e lo sarà per sempre. Nasco parla di oggetti unici ed eterni...sarebbe stato quindi impossibile non partire dalla giacca!
Qual è la figura femminile a cui ti rivolgi?
Negli ultimi anni, a mio parere, non ci sono grandi icone di stile. Personalmente, dal punto di vista estetico, sono attratta dall’eleganza delle donne androgine. Tuttavia, la cosa che più mi interessa è il pensiero del pianeta femminile e ciò che esso produce…le “donne che fanno” mi affascinano molto, più della loro bellezza fisica!
Che importanza assume il tessuto nelle tue creazioni? È corretto farlo rientrare in un concetto etico di sostenibilità?
Il tessuto è tutto. Punto di partenza e punto di arrivo. Nasco Unico è una magnifica carrellata di sete pregiate, preziosi jacquard, freschi cotoni…Su ganci di ottone sono appesi i due metri e venti di tessuto. Ogni gancio è unico. Dall’unicità della materia, la cliente crea la sua giacca secondo la propria immagine.
Penso che oggi, più che mai, la sostenibilità sia necessaria. Ho lavorato per grandi aziende. La mia ultima meravigliosa esperienza è stata come direttrice creativa della linea donna di PT01 pantaloni Torino. Negli anni, mi sono resa conto del grandissimo spreco che facciamo ogni stagione, buttando via letteralmente metri e metri di tessuto…Sia le aziende di abbigliamento che i produttori hanno magazzini stracolmi di materiale di altissima qualità, che per le leggi del mercato è considerato fuori moda. Nell’ambito del mio progetto, ci impegniamo moltissimo nella ricerca per individuare materiali finiti e dare loro un secondo ciclo di vita. Il concetto di sostenibilità ha tante facce, noi proviamo a non sprecare le materie prime, riutilizzando il più possibile.
Possiamo parlare di un progetto in evoluzione e in quali termini? Hai intenzione di allargare la tua creatività ad altri prodotti oltre il blazer?
Un progetto che non sia in evoluzione non può nemmeno definirsi tale. Nasco Unico è solo all’inizio, stiamo studiando il suo cammino passo dopo passo. L’idea è quella di creare una piattaforma di oggetti personalizzabili, in base al gusto e alle esigenze del cliente…prodotti unici e su misura, dalla giacca alla sedia, dalla scarpa al bastone da passeggio. Stiamo anche valutando il miglior modo per creare una distribuzione altrettanto unica!
Chi è Andrea quando non veste i panni della stilista? Quali sono le tue passioni e i tuoi interessi?
Sono innanzitutto una mamma di due bellissimi bambini, Santiago e Rocco. Sono perdutamente innamorata del buon cinema. Devo viaggiare continuamente. Scrivo molto e compro tessuti, anche nel tempo libero. E mi faccio tre docce al giorno!
Progetti per il tuo futuro? E per quello del tuo brand?
I progetti personali sono indirizzati verso il Messico…
Per Nasco Unico sogno di moltiplicare le vendite private, di realizzare una piattaforma on-line e di continuare ad appassionare i nostri clienti. Mi piace creare connessioni e collaborazioni…divertendomi sempre tanto!