Nella media relativa ai primi sei mesi del 2017 il prezzo del petrolio si è mostrato in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e potrebbe continuare a viaggiare su livelli simili anche nella seconda parte dell’anno. È quanto stima l'Unione Petrolifera nel resoconto diffuso in occasione dell’Assemblea annuale 2017.
Secondo il gruppo, i prezzi continuano a mostrarsi però ancora piuttosto altalenanti. Dopo la forte ripresa registrata negli ultimi mesi dello scorso anno, quando i principali Paesi esportatori (OPEC e non OPEC) hanno concordato su un taglio della produzione per tentare di riappianare l’equilibrio tra la domanda e l’offerta di greggio, il prezzo ha proseguito le sue oscillazioni, toccando il massimo annuo a febbraio, intorno ai 56 dollari al barile, per poi riscendere ai 43 dollari al barile di qualche settimana fa.
In effetti è l’equilibrio tra domanda e offerta la chiave di tutto. Non bisogna infatti dimenticare che il crollo delle quotazioni del 2014 è legato soprattutto alla scarsa domanda da parte dell’Eurozona, ancora interessata dalle difficoltà della crisi economica, e da parte degli Stati Uniti, che nel frattempo si è avvicinata notevolmente all’autosufficienza grazie allo sviluppo dell’estrazione per frantumazione idraulica delle rocce bituminose.
Va da sé, quindi, che determinante per la risalita dei prezzi sarà proprio la domanda, destinata - secondo l’AIE - a superare la soglia dei 100 milioni di barili al giorno nell’ultimo trimestre del 2018. Eppure in alcuni Paesi importatori le incognite ancora rimangono tali.
Prendiamo l’Italia. Secondo i dati di Unione petrolifera, nel 2016 i consumi petroliferi del nostro Paese hanno registrato una contrazione dello 0,9%, dopo essere cresciuti del 4,1% nel corso del 2015, e sono diminuiti di un ulteriore 1,9% nei primi cinque mesi dell’anno in corso.
Nel corso degli ultimi anni anche la fattura petrolifera è diminuita notevolmente, passando dai quasi 34 miliardi di euro del 2012 ai 12,5 miliardi del 2016, arrivando a toccare il minimo storico. Solo rispetto all’anno precedente la cifra è scesa di quasi quattro miliardi di euro, ma già nel corso del 2017 - sulla scia di una stimata ripresa dei prezzi al barile - potrebbe risalire ai livelli del 2015.
A diminuire non è stata però solo la fattura petrolifera, ma anche quella energetica in generale. Come il petrolio, anche il gas naturale, i biocarburanti e le biomasse e i combustibili fossili hanno contribuito negativamente alla fattura energetica, facendola scendere a 25,3 miliardi di euro dai quasi 35 dell’anno precedente.