Procuratore antimafia: "Se Riina collaborasse detenzione rivedibile"
Roberti apre a una possibile revisione del regime del 41bis per il boss di Cosa Nostra ma a condizioni ben precise. Il pm Nino Di Matteo al dibattimento sulla trattativa Stato-mafia: "E' perfettamente lucido"
Il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, apre a una possibile revisione del regime del 41bis per Totò Riina. A condizioni ben precise. "Se decidesse di parlare, allora, e se cominciasse a collaborare seriamente con la giustizia - ha detto -, si potrebbe rivedere anche la sua situazione detentiva e il suo 41bis. Ma non so se lo farà".
Il procuratore è quindi d'accordo con il presidente del Senato Pietro Grasso su un'eventuale alleggerimento del regime carcerario del boss mafioso nel caso collaborasse con la giustizia: "Come dare torto al presidente Grasso?", ha ribadito davanti ai giornalisti.
"La Corte di Cassazione ha dato indicazioni per quanto riguarda la motivazione della sentenza del Tribunale di sorveglianza di Bologna e io sono certo che il Tribunale di sorveglianza di Bologna integrerà adeguatamente questa motivazione", ha poi spiegato.
Nino Di Matteo: "Riina perfettamente lucido" - "Riina è perfettamente lucido e orientato nel contesto. Abbiamo depositato in segreteria la relazione di servizio di un agente penitenziario su alcune esternazioni in carcere del boss. In concomitanza dell'udienza del 30 marzo del processo sulla trattativa Stato-mafia Riina ha parlato dei rapporti tra Ciancimino e Licio Gelli, dei suoi rapporti con Provenzano e della morte dell'ex vice del Dap Francesco Di Maggio". Lo ha detto all'udienza del dibattimento sulla trattativa Stato-mafia il pm Nino Di Matteo.
Il magistrato ha chiesto alla corte che celebra il processo di sentire l'agente della polizia penitenziaria che ha ascoltato le parole di Riina e le ha riportate in una relazione di servizio. Il pm ha anche chiesto un confronto tra gli ex ministri Paolo Cirino Pomicino, Vincenzo Scotti e Giuliano Amato. Riina ha seguito anche questa udienza collegato in videoconferenza da Parma, adagiato su una lettiga, collegati "a distanza" anche Leoluca Bagarella da Sassari e Giovanni Brusca da un sito riservato. Di nuovo assente il generale Mario Mori, indagato nel procedimento, giovedì assolto in via definitiva dalla Cassazione, insieme al colonnello Mauro Obinu, dall’accusa di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra, in relazione alla mancata cattura del boss, Bernardo Provenzano nel 1995.
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