Lo possiamo nutrire, alimentare e serbare, lo si può covare finché non diverta sordo o arriva a esplodere; oppure si può deporre e dimenticare, specie se è di vecchia data: è il rancore, quel sentimento di avversione profonda mista a rabbia e risentimento che proviamo a volte nei confronti di qualcuno che pensiamo ci abbia fatto un torto. Non è un bel sentimento, anzi è un veleno che ci rode nel profondo, dato che una delle sue caratteristiche più tipiche sta proprio nel covare nell’ombra senza venire mai alla luce. Non cerca soluzioni, se non di vendetta, ma non ci dà tregua e ci fa star male. Per questo è buona cosa non dargli spazio e liberarsene al più presto.
La parole rancore deriva dal latino rancorem, che a sua volta risale al termine rancor, che significa, acido e rancido. Insomma, covare nel cuore questo sentimento è come conservare nel frigorifero qualcosa che marcisce. Il rancore fa un po’ la stessa cosa: il risentimento e la rabbia persistente finiscono per avvelenarci, proprio come un alimento andato a male contamina quelli con cui viene in contatto.
PERCHÉ UCCIDERE QUESTO TARLO – Il rancore produce squilibrio e sentimenti negativi che ci impediscono di godere della vita: a volte genera addirittura più sofferenza del torto che pensiamo di aver subito. E, in più, è qualcosa che fa soffire solo chi lo prova. Insomma, abbiamo tutto l’interesse a non covare questo risentimento, ma usare ogni mezzo per acquietarlo e recuperare la serenità (o almeno l’indifferenza): ne guadagnerà la qualità della nostra vita.
PRENDIAMONE ATTO – Il primo passo è riconoscerlo e ammettere la sua esistenza. A volte è difficile individuarlo: semplicemente ci sentiamo agitati e pieno di antipatia nei confronti di qualcuno: occorre un po’ di onesta analisi per capire il perché delle nostre sensazioni.
DEPURARSI – Il primo passo per liberarsi dal rancore è “disintossicarsi”. L’antidoto migliore sta nel buon umore e nel pensiero positivo: l’attività fisica è un’ottima medicina perché ci permette di scaricare le energie negative e caricarci di allegria e benessere. Se ci capita di avercela a morte con qualcuno proviamo a scaricare il nervosismo con una lunga corsa, una pedala in bicicletta o, perché no?, una sessione di kick boxing. Ci aiuterà a lasciarci dietro le spalle la collera e i pensieri neri.
USCIRE ALLO SCOPERTO – Una delle caratteristiche tossiche del rancore sta nel fatto di covare nell’intimo senza mai venire alla luce. Per “ucciderlo”, o almeno per depotenziarlo, il primo passo sta nell’esprimere i propri sentimenti. Se siamo convinti che qualcuno abbia mancato nei nostri confronti, diciamoglielo con la maggiore semplicità e serenità possibile. Potremmo anche scoprire che l’offesa è stata involontaria o che il comportamento che ci ha ferito deriva da una diversa considerazione della situazione: non è detto che una cosa per noi importante e delicata lo sia anche per il nostro “avversario”.
PROIBITO ASPETTARE – Il rancore è un sentimento che si autoalimenta, ragion per cui è bene non lasciare a noi stessi il tempo di “covare”. L’ideale, davanti a un’ingiustizia, vera o presunta tale, è reagire subito e far valere immediatamente la nostra posizione. Naturalmente la replica deve avvenire in modo consono e “positivo”, senza lasciare spazio all’aggressività che ci porterebbe subito dalla parte del torto.
STRATEGIE POSITIVE – A volte non c’è nulla da fare: il dispiacere per un’azione altrui nei nostri confronti è reale e abbiamo tutte le ragioni per sentirci feriti. In questo caso, possiamo decidere che posizione tenere nei confronti del nostro antagonista, accettare quanto è successo e cercare di passare oltre. Chi ha sufficiente magnanimità può cercare di perdonare: in tutti gli altri casi, cerchiamo di dimenticare l’offesa ricevuta e guardare avanti, magari prestando attenzione a comportarci con gli altri nel modo in cui vorremmo essere trattati noi.
IL LATO BUONO DI UN BRUTTO SENTIMENTO – Se proprio non riusciamo a perdonare, assolviamo noi stessi ricordando che esistono anche psicologi che del rancore hanno tessuto gli elogi. Se contenuto entro livelli moderati ci aiuta infatti a ricordarci di una ferita, magari vecchia, ma ancora dolorosa e ci rammenta la necessità di difenderci.